POTEVA ESSERE UN CAMPIONATO SENZA PADRONI, MA…

DI MARINO BARTOLETTI

 

Alla fine del girone d’andata della Serie A il bilancio è di una facilità disarmante.

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Poteva essere un “campionato senza padroni” – cioè apertissimo – e già sarebbe stato interessante così: invece è si è trasformato nella marcia trionfale di una squadra che ai suoi meriti enormi (di gioco, di motivazioni, di spettacolarità, di “bellezza”) ha “aggiunto” la totale mancanza di avversari in grado di competere per lo scudetto.
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Solo lodi al Napoli, dunque, sia sul piano sportivo che sul piano gestionale e grande attesa per quello che potrebbe essere, oltre che il suo terzo titolo, anche il primo a vocazione “politeistica”, dopo l’indimenticabile “monoteismo” dell’era-Maradona.
Solo un consiglio (non richiesto) agli amici napoletani. La maturità sportiva di un ambiente la si misura non solo nel saper perdere, ma anche nel saper vincere. Non pensino che buona parte dell’Italia calcistica ragionevole non sia sinceramente contenta di questa vittoria (che oltretutto suggella un’interessantissima alternanza: negli ultimi quattro anni, altrettanti scudetti a quattro squadre diverse, come alla fine degli anni’80).
A volte non dico i “nemici”, ma perlomeno i “critici” peggiori sono quelli vicini, non quelli lontani.
Al trionfo del Napoli fanno da contraltare le annate balbettanti delle milanesi (incapaci di difendere i rispettivi, recenti scudetti) e le comprensibili velleità delle romane di agganciare la zona Champions (anche se l’Atalanta certamente non starà a guardare ): ma soprattutto il botto sportivo e morale della Juventus nei confronti della quale (al di là delle conferme di eventuali sanzioni definitive che vanno attese con prudenza e rispetto) resta la sensazione di un’arroganza gestionale che certamente non fa onore al suo ruolo di società leader del movimento calcistico italiano. Vedremo come andrà a finire (e la situazione potrebbe non migliorare: né in Italia, né in Europa): ma l’impressione è che la voglia di vincere a tutti i costi non sempre sia una buona consigliera. John Elkan su “La Stampa” ha parlato (legittimamente dal suo punto di vista) di “ingiustizia”. Ma coi fatti ha dimostrato di non aver particolarmente apprezzato l’operato della dirigenza uscente: che è stata rasa al suolo. Chissà che avrebbe detto di questo brutto pasticcio d’immagine nonno Gianni di cui proprio oggi si ricordano i vent’anni dalla scomparsa.
Volando sopra le passioni, un auspicio va comunque fatto: se giustizia dev’essere, giustizia sia! Restituendo quanto prima una solida oggettività al diritto sportivo e ripulendo tutti gli angoli sporchi: ma proprio tutti, non solo quelli più “visibili”!