DI CLAUDIO KHALED SER
Abbiamo ricevuto in affitto la vita.
Quando scade il contratto, dobbiamo restituirla.
Spesso arriva improvvisamente il giorno dello sfratto.
Non siamo pronti, non lo saremo mai.
Non abbiamo nemmeno il tempo di fare le valige, vorremmo portare via con noi le cose più importanti ed invece usciamo con i soli vestiti addosso.
I vicini ci guardano.
Alcuni piangono, altri sono indifferenti.
La vita é vuota, ma sarà presto nuovamente affittata.
Ci saranno altri vicini e poi un giorno, anche loro se ne andranno.
O ce ne andremo noi.
Ieri, cinque Persone, sono state sfrattate sui binari di una stazione.
Noi, impietriti, non abbiamo nemmeno avuto il tempo di salutarli.
Sono usciti da casa per recarsi al lavoro.
Non torneranno.
Noi non ce ne faremo mai una ragione perché uno sfratto così é inumano, crudele, impossibile d’accettare.
Quando ad andarsene é una Persona anziana, magari malata, magari sola, magari dipendente da altri per vivere, ci costruiamo intorno una ragione.
Serve per mitigare lo sfratto.
Ma se ha quattro anni e da mesi lotta contro un cancro che non lascia speranze, allora no, allora lo sfratto non lo accetti e maledici chiunque ne sia “responsabile”.
Ciao Filippo, non ti dimentico.
Ciascuno di noi che ancora vive questa vita in affitto, ha intorno case vuote.
Abbiamo riempito valige di dolori per gli sfratti subiti.
Raramente ci siamo detti “toccherà anche a me” uscire di casa.
Forse, dovremmo pensarci.
Sono le otto del mattino.
Worldmeter mi comunica che oggi, sono già stati consegnati, 55.000 sfratti.
Io per il momento non ho ricevuto nessun avviso.
Ma il giorno é lungo………