EUROPA MALATA D’INFLAZIONE, LA CURA PERICOLOSA DELLA BCE ALLA TEDESCA

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Tra inflazione e recessione e l’impossibile medicina buona per tutti.

Il pendolo che oscilla tra decrescita e rialzo del costo del denaro, cruccio dei banchieri centrali di tutto il mondo. E la BCE tra due giorni, porterà il suo tasso principale al 4,25%. Ma le ultime notizie, arrivate ieri, dicono che l’Eurozona sta entrando ufficialmente in crisi.
L’economia perde vistosamente colpi (e ricchezza), frena, si ferma e comincia ad andare, lentamente, a marcia indietro.

I numeri che ci aspettano al varco

Gli indici del PMI (Purchasing Managers Index), una misura dell’attività produttiva, parlano chiaro: fissato a ‘50’ il limite minimo di fiducia espresso dai responsabili degli acquisti di materie prime e semilavorati, questa cifra è scesa a 42,7 nel settore manifatturiero. Che è quello che assorbe più manodopera, l’industria vera. Mentre si è mantenuta intorno a ‘51’, al minimo, per il comparto dei servizi, ma in calo. Tradotto, significa che più bassa è la fiducia dei manager e meno materie prime compreranno, perché prevedono di diminuire la produzione. In definitiva, il segnale è inequivocabile: si teme una caduta verticale della domanda, dato che la gente, in crisi, comprerà sempre di meno. Una flessione di cui le imprese stanno già cominciando a tenere conto, attraverso un ridimensionamento degli ordinativi.

Tutta l’Eurozona indietro

Siamo ancora all’inizio del fenomeno di arretramento complessivo dell’Eurozona, ma se l’economia è fatta di aspettative, allora le previsioni per i prossimi sei mesi non possono certo essere incoraggianti. E tutto questo avviene, paradossalmente, due giorni prima che la Banca centrale di Francoforte dia una nuova accelerata ai tassi di interesse. Si pensa, infatti, che giovedì la BCE li alzerà di un altro 0,25%. Rendendo più aspra la lotta all’inflazione (che vuole addirittura riportare al 2%), ma, soprattutto, togliendo la voglia di investire a quegli imprenditori che troveranno il denaro troppo caro. Come un cane che si morde la coda, recessione chiamerà altra recessione. E senza un deciso intervento, ci si avviterà al ribasso.

“Il problema vero, però, è che la Banca centrale europea deve stabilizzare il cambio (e il livello dei tassi e, quindi, dell’inflazione) agendo su un sistema economico ampiamente disomogeneo”.

Stessa medicina per malati diversi?

Esistono, dentro il ‘board’ dell’Istituto, visioni macroeconomiche nettamente separate, dettate da culture finanziarie diverse. Per cui, anche se in questo momento la Germania, probabilmente, avrebbe bisogno di politiche monetarie meno restrittive, in realtà è la nazione che si batte con maggiore ostinazione per continuare una politica di rigida disinflazione. Forse troppo rigida, a giudicare i risultati in termini di ricchezza prodotta dal blocco in questa fase. È, sicuramente, una scelta di ortodossia monetaristica che forse andava modulata meglio nel tempo e nelle dimensioni, per evitare impatti che, nella congiuntura attuale, possono scuotere tutto il sistema sociale e politico del Vecchio continente con crisi economica ed occupazionale.

“Con la BCE che deve trovare la quadra, di una strategia finanziaria, che vada ‘mediamente’ bene per tutti i Paesi, anche se i singoli indicatori economici sono molto differenziati”.

Tra inflazione e recessione

L’inflazione media, nell’Eurozona, a giugno è scesa intorno al 5,6%, anche se quella ‘core’, il nocciolo duro (al netto di carburanti e generi alimentari) cala molto più lentamente. Ma la Germania, il grande malato d’Europa, continua invece ad avere rialzi di prezzi superiori alla media (intorno al 6,4%) che hanno fatto scattare l’allarme. Una situazione di scompenso economico, quella di Berlino, aggravata ormai da un’aperta recessione, in cui il Pil è calato dell’1,3% negli ultimi tre mesi. L’emergenza macroeconomica ha fatto fischiare tutte le sirene alla Bundesbank, i cui suoni laceranti sono arrivati fino alle orecchie del ‘board’ della BCE. Insomma, i tedeschi, nonostante le cattive notizie che arrivano quotidianamente dal fronte della recessione, fanno il tifo per il rialzo dei tassi. O, meglio, lo pretendono.

Berlino contabile dura e pura

I verbali della riunione dell’Istituto di Francoforte del mese scorso, resi noti dal Financial Times, spiegano questa posizione. La rappresentante di Berlino, la ‘dura e pura’ Isabel Schnabel, ha tagliato corto dicendo che «le aspettative dei mercati finanziari sono quelle legate a un’inflazione ancora alta». E ha aggiunto che gli investitori sono preoccupati dal livello attuale dei tassi, domandandosi se siano in grado di frenare l’inflazione nei prossimi mesi. Insomma, i tedeschi vogliono ancora un rialzo del costo del denaro. Probabilmente, sono convinti che, riportata l’inflazione attorno al 3%, la loro economia potrà ripartire speditamente, recuperando il terreno perduto. E gli altri? Beh, che si arrangino. In fondo, l’Unione Europea, prima di diventare soggetto politico, è nata come mercato comune. I tedeschi, al di là dei grandi proclami e delle chiacchiere, hanno sempre badato ai fatti.

“Quindi, giovedì la BCE aumenterà i tassi di almeno 25 punti base e, nonostante la recessione, la Von der Leyen continuerà a mandare messaggi di ulteriori rialzi, previsti per i prossimi mesi. Certo, Berlino non riderà. Ma Roma piangerà di sicuro”.

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

25 Luglio 2023