DI PIERO ORTECA
Dalla Redazione di REMOCONTRO –
Gli Stati Uniti colpiscono 85 obiettivi tra Siria e Iraq dopo l’uccisione dei tre soldati in Giordania. Mentre continuano gli attacchi anglo-americani allo Yemen Houthi.
Qualcosa bisognava fare. Ma i ripetuti bombardamenti americani contro la galassia sciita sparsa in tutto il Medio Oriente, in pratica, non servono a niente, il lapidario commento di Piero Orteca. E dello stesso avviso pare che siano persino gli ‘strategist’ della Casa Bianca.
Notizia di tarda mattinata a conferma. Attacco con droni sul campo petrolifero di Al-Omar, la più grande base della coalizione guidata dagli Stati Uniti in Siria, con cinque curdi delle Forze Democratiche Siriane uccisi e 20 feriti.
Bersaglio Usa colpito in Iraq
Galassia sciita e islamica in Medio oriente
Solidarietà ai palestinesi con gli attacchi Houthi alle navi occidentali, assieme alla miriade di azioni armati di milizie sciite più o meno strettamente legate all’Iran tra Giordania, Siria E Iraq. Obiettivo politico finale, oltre alla Palestina, l’espulsione delle basi militari Usa da tutto il Medio Oriente. Mentre a Washington, dopo 160 attacchi subiti in un paio di mesi nessuno vuole uno scontro diretto con Teheran. Ora Biden ha deciso di agire.
“Ma forse, come scrive il Wall Street Journal, l’ha fatto nel momento sbagliato. Alla vigilia del possibile accordo sul cessate il fuoco temporaneo tra Israele e Hamas”.
Ipotesi-speranza tregua per Gaza
Un’intesa che potrebbe avere ricadute ‘calmanti’ su tutta l’area. Per ora, nella regione assistiamo a un’escalation. E stiamo parlando di un’area immensa che coinvolge almeno una decina di Paesi, che dalle sponde del Mediterraneo, scende dritta al Corno d’Africa, per poi risalire fino al Golfo Persico. La galassia di milizie islamiche che operano in questo spicchio di pianeta è molto complessa. Quando la narrativa occidentale parla di ‘gruppi comandati dall’Iran’ sbaglia. Gli ayatollah li finanziano, li riforniscono, li assistono e cercano di coordinarli. Ma non li comandano fino in fondo.
Gruppi comandati da nessuno
In Siria, in Iraq, nello Yemen e nel Libano, tutti i movimenti sciiti hanno un discreto grado di autonomia. Per questo bisogna evitare conclusioni semplicistiche, che potrebbero mettere in moto crisi devastanti. Ieri il Wall Street Journal dava notizia di una ‘missione segreta’ degli ayatollah in Iraq, impegnati a esortare i gruppi armati sciiti a moderarsi. Lo stesso giornale titolava: «Gli attacchi Usa non otterranno ciò che invece un cessate il fuoco a Gaza potrebbe ottenere per tutto il Medio Oriente». E, per sottolineare: «i bombardamenti mirati potrebbero essere meno efficaci nel calmare le tensioni regionali, rispetto a un accordo per fermare i combattimenti tra Israele e Hamas».
Per la sicurezza dell’area, piegare Netanyahu
Insomma, per mettere in sicurezza tutta l’area, non bastano i blitz dal cielo. Ci vorrebbe una massiccia azione di terra, che andasse a sradicare basi e installazioni. E forse non sarebbe sufficiente nemmeno quella: perché razzi e droni sono mobili e trovarli non è facile. Ma nessuno potrebbe arrivare a ordinare una simile idiozia. Anche perché, a novembre si vota, e già nello Studio ovale incombe la sagoma terrorizzante di Donald Trump. Per cui, occorre reagire, ma senza fare arrabbiare troppo gli ayatollah, se no va a finire male per tutti.
Basta guerre senza “exit strategy”
Evitare che gli americani, scappati dall’Afghanistan, finiscano per restare invischiati in un altro conflitto senza una ‘exit strategy’. Peggio ancora se questi scontri, come appare chiaro guardando le mappe dei territori considerati, potrebbero svilupparsi a macchia di leopardo. Nel frattempo, come dice il Wall Street Journal, si spera che succeda qualcosa, a cominciare dall’avvio del difficile processo di pacificazione tra israeliani e palestinesi. A far rientrare prima possibile la crisi del Mar Rosso, che rischia di esportare in tutto il mondo i contraccolpi della guerra di Gaza.
Mossa sbagliata nel tempo sbagliato, o altro?
Gli Houthi, se si raggiungesse un cessate il fuoco nella Striscia quasi certamente fermerebbero gli attacchi. Ed ecco che la domanda che sorge è un’altra. Perché Biden ha deciso di intervenire proprio ora che si avvicina un accordo con Hamas? Risposte possibili diverse. «Mostrare la bandiera» (prestigio); necessità di rassicurare i regimi arabi alleati sunniti (a cominciare dall’Arabia Saudita) contro gli sciiti iraniani; risposta agli attacchi politici di Trump e dei Repubblicani su una presunta ‘mollezza’ Usa. Ultimo ma non per importanza, il blocco della navigazione nel Mar Rosso che rischia di crescere proprio dopo i bombardamenti Usa.
Incubo mine nello Stretto di Bad-el-Mandeb
Agli Houthi non mancano le risorse e se messi alle strette potrebbero anche decidere di fare una mossa semplice e terribile nello stesso tempo: minare lo Stretto di Bad-el-Mandeb. A quel punto, tutto l’occidente si troverebbe in un vero mare di guai. Di fatto, il problema della diplomazia americana in Medio Oriente, resta una mancanza di strategie chiare. Gli esperti di geopolitica hanno la netta sensazione che Biden e il suo Dipartimento di Stato si muovano a tentoni, a inseguire le crisi che quotidianamente si aprono in quell’immenso scacchiere regionale.
Le verità nascoste
L’ex capo del Comando centrale dell’US Army, il generale Frank McKenzie, intervistato alla CBS ha detto che nonostante la loro gigantesca e sanguinosa operazione militare a Gaza, gli israeliani hanno praticamente fatto un buco nell’acqua. Lo riporta, con sconcerto, il quotidiano di Tel Aviv Haaretz. «Gli israeliani si sono posti l’obiettivo di rimuovere il livello politico e quello militare di Hamas, quando sono entrati nella Striscia – ha sostenuto McKenzie – ma finora non sono riusciti a fare nessuna delle due cose». Cioè, hanno fallito.
“E qualcuno pensa che, a ‘tranquillizzare’ l’intero Medio Oriente, ci riescano gli americani, sganciando bombe e missili, un po’ qui un po’ la, un giorno si e l’altro no?”
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AVEVAMO DETTO
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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
5 Febbraio 2024