FUORI LA TENNISTA UCRAINA CHE NON STRINGE MANI RUSSE

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

La tennista ucraina Elena Svitolina è fuori da Wimbledon, sconfitta in due set dalla ceca Vondrousova. Una buona tennista, che però aveva fatto parlare di sé più che altro per il suo ostentato rifiuto di stringere la mano alle avversarie russe e bielorusse.

L’ha fatto diverse volte negli ultimi mesi: quando ha sconfitto la russa Daria Kasatkina agli ottavi del Roland Garros, e dopo aver perso ai quarti contro la bielorussa Sabalenka. A Wimbledon pochi giorni fa ha rifiutato di stringere la mano alla bielorussa Azarenka, dopo averla battuta.

La stretta di mano nel tennis è fortemente simbolica. Lo sconfitto fa i complimenti al vincitore, che però si congratula sempre con chi gli ha dato filo da torcere. Un must. Molto di rado un giocatore rifiuta la stretta di mano. Ci devono essere motivi molto seri, sempre però strettamente legati al comportamento tenuto durante il match dall’altro giocatore.

Ma mai si era visto a certi livelli un giocatore che rifiuta di congratularsi con l’altro a causa della sua nazionalità. Sembrerebbe un fatto su cui sorvolare, se si considerano i motivi che hanno indotto la Svitolina a tenere un simile comportamento. Ma a leggere i principi di cui è permeata la Carta Olimpica, una sorta di costituzione mondiale dello Sport, quel gesto è una delle cose più gravi che una tennista professionista potrebbe concepire.

Sono numerose le norme della Carta Olimpica che impongono il divieto di discriminazione nello sport. Ma una in particolare si distingue per la sua chiarezza. È l’art. 3, comma 2°, che recita così: «Ogni forma di discriminazione verso un Paese o una persona, sia essa di natura razziale, religiosa, politica, di sesso o altro è incompatibile con l’appartenenza al Movimento Olimpico».

La norma parla chiaro. L’atleta che discrimina non è degno di appartenere al mondo dello sport. E se non ne è degno, il rifiutarsi di stringere la mano dell’avversario solo a causa della nazionalità dovrebbe comportare quanto meno la sua esclusione da ogni competizione.

Invece, la Svitolina è sempre lì.

Ma non c’è da meravigliarsi. Il comportamento della Svitolina è stato ampiamente indotto dalle stesse massime istituzioni dello Sport. Si è arrivati ad escludere da alcuni tornei tutti gli atleti russi e bielorussi, che in cuor loro potrebbero anche fregarsene delle scelte del Cremlino, mentre nei restanti si impedisce al telespettatore di identificare la nazionalità del tennista occultando la bandierina sul display del punteggio. Il tutto, ovviamente, in spregio all’art. 3, comma secondo, della Carta Olimpica, che vieta «ogni forma di discriminazione verso un Paese o una persona».

Con un simile precedente, che problemi potrebbe mai avere una Svitolina a discriminare, anche in maniera eclatante, una collega russa o bielorussa, negandole persino la stretta di mano? Perché non dovrebbe fare, nel suo piccolo, quello che hanno già fatto i suoi capi?

Infatti la Svitolina continuerà a potersi iscrivere liberamente ai tornei, percependo i relativi lauti compensi. Mentre i tennisti russi, nella più rosea delle previsioni, continueranno a poter gareggiare privati in campo della propria nazionalità. Essendo russi e bielorussi, non possono certo essere trattati come gli altri, pur non avendo fatto assolutamente nulla. Questa è l’essenza della discriminazione.