MA CHE CI FACEVA GEOLIER A SANREMO?

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Il successo di Emanuele Palumbo, in arte Geolier, è stato strepitoso. Erano in così tanti a votare per lui nel televoto che gli improvvisi e violenti flussi registrati in suo favore hanno mandato letteralmente in tilt il sistema, che per qualche minuto è rimasto bloccato. Geolier ha quindi incassato ancor più voti di quelli ufficialmente conteggiati dal televoto.

Ma non tutti hanno benedetto questo giovane di Secondigliano, diventato famoso postando su youtube canzoni in dialetto napoletano, contornate di video ambientati in squallidi contesti periferici, in cui si vedono pistole puntate in faccia, bolidi cappottati, pick up con mitragliatrice incorporata, kalashnikov placcati in oro, borse piene di contanti e ragazze spesso dominate.

I primi ad avere qualcosa da ridire sono stati proprio i parenti delle vittime della Camorra, alla quale Geolier viene da più parti accusato di strizzare l’occhio, soprattutto con i suoi video. Ma si sa, la libertà artistica è sacra e inviolabile. Questa è l’arte di Geolier, sulla quale abbiamo ben poco da dire e recriminare.

Ma ciò non significa che Geolier possa partecipare a competizioni alle quali per regolamento gli sarebbe vietato. Sto parlando proprio di Sanremo, in particolare del divieto di presentare canzoni che non siano in lingua italiana. Una regola abbastanza scontata, visto che si tratta del festival della canzone italiana.

Se è vero che in passato si è derogato a tale regola in un paio di occasioni, cambiando alla bisogna il regolamento, non è certo il caso dell’appena conclusa edizione. Il regolamento di Sanremo 2024 si trova nella pagina web della Rai dedicata a Sanremo. Ed è perentorio a riguardo.

«Il testo delle canzoni in gara dovrà essere in lingua italiana. Si considera in lingua italiana anche il testo che contenga parole e/locuzioni e/o brevi frasi in lingua dialettale e/o straniera, purché tali da non snaturarne il complessivo carattere italiano».

Questo è l’unico limite che il regolamento impone all’ampio potere di cui gode il direttore artistico, nel nostro caso Amadeus, il quale sceglie personalmente i brani da portare all’Ariston «sulla base di insindacabili valutazioni artistiche e editoriali». Insomma, decide lui chi far cantare a Sanremo.

Ma non al punto da invitare un artista che non canta in lingua italiana, che è proprio il caso di Geolier. Che non si è presentato con un brano contenente soltanto «parole e/locuzioni e/o brevi frasi in lingua dialettale e/o straniera», come al limite consentirebbe il regolamento. Ma ha cantato «I p’ me tu p’ te», che può tradursi in ognuno per la sua strada, interamente in lingua napoletana.

Come sia potuto accadere, l’ha spiegato con una semplicità disarmante, ma anche tracotante, lo stesso Amadeus in conferenza stampa: «Il direttore artistico ha ritenuto meritasse di essere nelle trenta canzoni, e quindi ho scritto il regolamento e me lo sono cambiato».

La dichiarazione l’ha fatta con il sorriso sulle labbra. In realtà, ci sarebbe poco da ridere, perché Amadeus non può certo cambiare da solo il regolamento del festival, essendo di competenza di una apposita commissione, alla quale il direttore artistico può al limite suggerire una modifica, senza poterla apportare da sé.

Insomma, Amadeus, che ha sempre dato l’impressione di uno che non riesce a comandare nemmeno a casa propria, bullizzato da chiunque, persino dalla propria spalla, ha da solo deciso, contro il regolamento, che Geolier può cantare.

A me viene spontaneo pensare che Amadeus sia stato molto motivato nell’invitare Goelier a Sanremo, con un regolamento del genere in vigore.