SCAVARSI LA FOSSA

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Il dibattito sull’uso della parola “genocidio” per la distruzione programmata della Striscia di Gaza che Israele ha messo in atto è surreale, quasi che evitando di usarla quelle decine di migliaia di morti innocenti fossero un po’ meno morti. Come se la distruzione di ospedali, scuole, abitazioni, strade, infrastrutture e persino campi profughi fossero azioni che colpiscono Hamas e non ognuno degli oltre due milioni di abitanti della Striscia.
Non è la prima volta che accade. Basti pensare a Hiroshima, ai bombardamenti a tappeto in Europa della II guerra mondiale e su Hanoi durante la guerra in Vietnam. Azioni miserabili che però avvenivano all’interno di conflitti tra eserciti potenti dove la vittoria di una delle parti avrebbe segnato la fine di carneficine infinitamente più grandi e l’affermazione di visioni del mondo diametralmente opposte.
Ciò che sta avvenendo a Gaza è cosa molto diversa. L’esercito potente è soltanto quello israeliano, dall’altra parte c’è un’organizzazione (terroristica o partigiana, decidete voi) che nei decenni di occupazione è riuscita a infliggere agli invasori danni molto limitati. Ha causato più morti e distruzione la Mafia, ma non per questo abbiamo incendiato Palermo o raso al suolo la Sicilia.
Duole dirlo ma davanti a tanta scellerata vendetta in mondovisione viene messo in discussione non più il sionismo religioso, non più il regime di apartheid sotto cui vivono tutti i Palestinesi e neppure la inarrestabile invasione dei coloni nel West Banks. Un giorno dopo l’altro, una strage dopo l’altra, si sta facendo strada nelle nazioni civili un dubbio che fino a quattro mesi fa era considerato blasfemo e sacrilego: il diritto stesso di Israele alla propria esistenza.
Abbiamo annoverato tra gli stati-canaglia molte nazioni per molto meno e alcune le abbiamo proprio cancellate dalle carte geografiche, l’immunità derivata dall’Olocausto che ha protetto Israele per 75 anni si sta avvicinando alla sua data di scadenza e l’antisemitismo non c’entra una mazza. Che uno come Netanyahu se ne fotta lo posso anche capire, che non se ne rendano conto i 15 milioni di Ebrei dentro e fuori Israele è invece una tragedia che si ritorcerà contro di loro per chissà quanti anni a venire.