L’AMERICA ACCADEMICA CHE FA LE PULCI ALLA POLITICA SULLA GUERRA IN UCRAINA

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Mentre ad Harvard la politica ottiene le dimissioni della presidente Claudine Gay dopo le polemiche Israele-Usa-Gaza, da un’altra Università colpi duri sulla logorata guerra in Ucraina.
Jeffrey Sachs, prestigioso economista della Columbia University torna alla carica contro la guerra in Ucraina, arricchendo la sua analisi di nuove rivelazioni. La più clamorosa emersa da più fonti, che Biden avrebbe interrotto i negoziati, che avrebbero potuto fermare il bagno di sangue solo poche settimane dopo il suo inizio (invasione russa il 24 febbraio), tra il marzo e l’aprile del 2022.

L’Ucraina mandata al macello

«Abbiamo sentito nelle ultime settimane tanti dettagli, su come gli Stati Uniti hanno interrotto un accordo tra Kiev e Mosca che avrebbe risparmiato l’Ucraina da questa guerra. E gli Stati Uniti lo hanno fermato, perché hanno detto agli ucraini di continuare a combattere. Cosa che ha fatto perdere, a questi ultimi, centinaia di migliaia di uomini».

Un bagno di sangue e un disastro

Non è la prima volta, che l’illustre cattedratico della Columbia lancia le sue pesanti accuse contro l’Amministrazione Biden, ma finora la sua analisi si era perlopiù concentrata sugli aspetti finanziari della geopolitica voluta dalla Casa Bianca. D’altro canto, nell’ambito dell’economia internazionale, della Scienza delle finanze e, soprattutto, della Teoria dello sviluppo, Sachs viene considerato un ‘monumento’. Lavora da molti anni per le Nazioni Unite (adviser di ben tre Segretari generali) ed è stato, senza alcun dubbio, lo specialista più autorevole di transizione dalle economie pianificate ai sistemi di mercato. Un’autorità, insomma.

Lo studioso ideale della crisi russo-ucraina

Profondo conoscitore dei regimi marxisti e dei loro ‘derivati’, oltre che esperto analista di problemi legati allo sviluppo, Sachs è lo studioso ideale per comprendere l’essenza più profonda della crisi russo-ucraina. Finora, però, le sue severe osservazioni avevano riguardato, perlopiù, un’analisi costi-benefici strettamente finanziaria, dal punto di vista americano. Ha fatto notevole rumore, a questo proposito, l’articolo apparso nel maggio scorso su «Le guerre d’America e le crisi del debito Usa».

L’uso della forza sempre perdente

Un vero e proprio ‘manifesto’, di chi vede nell’uso della forza e nella rinuncia alla diplomazia, sempre e comunque una sconfitta. Soprattutto perché, poi, tutti gli impegni e gli obblighi vanno monetizzati, ma con un espediente: grazie alla ‘spesa in deficit’, con la scusa della ‘sicurezza nazionale’, si tende a scaricare il peso delle guerre sulle future generazioni. Mentre i dividendi del business contemporaneo, di armi e rifornimenti, possono essere goduti immediatamente.

“Un trucco politico che funziona sempre, a ogni latitudine e sotto tutte le bandiere, e che contribuisce alla rapida costruzione di giganteschi complessi militari-industriali. Veri moloch insaziabili, che alimentano una perenne macchina della guerra”.

Incassa il presenta e paga il futuro

Fino a maggio 2023, alla presentazione dell’articolo di Sachs, ecco qual era la situazione secondo il Costs of War Project della Brown University: «Le guerre statunitensi a partire dagli attacchi dell’11 settembre sono costate oltre 8 trilioni di dollari. Un rapporto separato del gruppo stima che 4, 6 milioni di persone siano morte dall’11 settembre a causa delle guerre in Afghanistan, Irak, Pakistan, Libia, Siria, Yemen e Somalia. E negli ultimi 16 mesi, il Congresso ha approvato più di 113 miliardi di dollari per l’Ucraina in seguito all’invasione russa».

Debito Usa per guerre e riarmo

Il debito pubblico degli Stati Uniti, in vent’anni, è cresciuto dal 35% al 100% del Pil. E, in questo, grandi colpe hanno soprattutto le spese belliche e per il riarmo. Che, attenzione, sono bipartisan: cioè, il complesso militare-industriale interessa tutti, al di là della propaganda di partito. Sachs dice che, per garantire la ‘superpotenza America’, i governi federali tagliano le spese sociali e sottraggono risorse ai più fragili e agli emarginati.

La Nato a spinta verso Est

Tranchant, l’economista, sull’Ucraina: «I nostri diplomatici sapevano e avvertivano che la continua pressione da parte del complesso militare-industriale per espandere la Nato in Ucraina, avrebbe provocato la guerra. Ma questo non lo hanno mai detto al popolo americano. Non lo hanno mai spiegato. E fino a oggi non hanno mai spiegato in cosa consista veramente questa guerra». E Sachs tira fuori dall’armadio vecchi scheletri, come quello del rapporto Cia di William Burns del 2008, che diceva: «Attenzione, se insistiamo a voler tirare Kiev dentro la Nato, può succedere di tutto». Come i fatti hanno poi dimostrato.

Epitaffio Sachs

«Questa è una guerra causata dall’insistenza degli Stati Uniti affinché l’Ucraina faccia parte dell’alleanza militare Usa-Nato. Gli Stati Uniti hanno persistito in questo progetto anche quando la pace sulla base della neutralità dell’Ucraina era a portata di mano nel 2022. E gli Stati Uniti l’hanno fermata».

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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

4 Gennaio 2024