E’ TUTTO STUDIATO…

DI BARBARA LEZZI

BARBARA LEZZI

 

Durante la conferenza stampa di oggi di Meloni, potrebbe venir fuori una domanda sull’affaire Verdini & C. Questa brutta faccenda di corruzione è stata derubricata velocemente anche grazie all’onorevole pistolero che, per venir fuori dall’impiccio, sta inanellando una bugia dopo l’altra coinvolgendo persino l’Iran. Roba che se non fosse drammatica, sarebbe una barzelletta di Zelig.
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L’interesse dei cittadini sulle questioni giudiziarie inerenti alla corruzione è, però, sempre più scarso e questo accade perché, di frequente, finiscono in un nulla di fatto oppure si riescono a conoscere tutti i contorni solo dopo molti anni. “È tutto studiato”. Dapprima la prescrizione, ora addirittura l’improcedibilità della riforma Cartabia voluta dal governo Draghi, rendono sempre più complesso e tortuoso il percorso verso la verità. L’attuale governo, in linea con quello Draghi, intende proseguire nel solco dell’impunità e del lassismo nei confronti dei reati commessi dai colletti bianchi tant’è che, oltre agli annunci nefasti sulla nuova riforma, è già in vigore il ripristino dei benefici carcerari per i condannati per corruzione.
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Zitti zitti, alla chetichella, l’allentamento della severità sui corrotti e corruttori è stato un provvedimento tra i primi portati a casa da Meloni. Ma non lo grida ai quattro venti, fa finta di niente e continua a dire di essere ispirata da Borsellino il quale addirittura invocava le ragioni di opportunità politica ben prima dell’arrivo di condanne. E allora se oggi qualche buon cuore le farà una domanda su Verdini dirà che è mossa da assoluto rigore omettendo gran parte della realtà.
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Credo che non sia ben solida una consapevolezza negli italiani onesti. La corruzione, quei soldi che vengono scambiati in fatture per consulenze da centinaia di migliaia di euro, sono soldi nostri. Sono quei soldi sottratti al pubblico che diventano le tasse troppo alte, le liste d’attesa infinite per una visita medica, le ambulanze che non arrivano in tempo, gli stipendi e le pensioni troppo bassi, l’arretratezza nella ricerca e nell’innovazione e gli insufficienti investimenti in istruzione.
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