LA SPETTACOLARE CRITICA DI DJOKOVIC

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Ha fatto scalpore il gesto canzonatorio di Novak Djokovic al termine della semifinale dello Us Open, vinta ieri sera dal serbo contro il ventenne Ben Shelton, l’astro nascente del tennis Usa. Djokovic ha esultato proprio come di solito fa Shelton, simulando con la mano destra la cornetta del telefono che viene agganciata dopo pochi secondi. Per poi accordargli una stretta di mano tra le più fredde degli ultimi anni.

Cosa significhi quel gesto inventato da Shelton, lo sa solo lui. In ogni caso, è evidente che si tratta di una esibizione che il campione serbo fatica a digerire, e che non ha perso la ghiotta occasione per criticare platealmente.

E non è difficile immaginare perché. Nel tennis la partita non finisce con la realizzazione del match point, ma con la stretta di mano che i contendenti si scambiano nei pressi della rete, complimentandosi l’uno con l’altro. Prima si stringe la mano allo sconfitto, poi si esulta, magari anche facendo le capriole sul campo.

Certo, nei comportamenti Shelton si tiene ben lontano dal danese Holger Rune, il più forte tennista troglodita del momento. Ma ai massimi livelli del tennis non c’è spazio per i buffoni. E Djokovic l’ha sottilineato a modo suo, in faccia all’americano e per giunta davanti al suo pubblico.