IL CALCIO, UN’INDUSTRIA GOVERNATA MALE ED AMMINISTRATA PEGGIO

 

DI VINCENZO G. PALIOTTI

A leggere certi giornali, sentire certi commenti sul Covid nel calcio viene voglia, e forse sarà il caso di farlo, di disdire l’abbonamento per guardare partite. Quello che più dà noia è sentire gente, addetti ai lavori, che invece di sperare di non trovare contagiati nella rosa dei giocatori per salvaguardare la loro salute, conta ogni giorno i contagi per sperare che non arrivino ad un numero che poi faccia sospendere la gara.

E più parlano più i contagi aumentano di numero, e non sono solo calciatori ma anche componenti lo staff. E ormai se ne trovano in tutte le squadre, ora anche in serie B. E poiché siamo abituati a “complottare” è lecito sospettare che qualcuno bari anche e spudoratamente sui numeri. Poi, giusto per la cronaca, il Genoa è sempre ai livelli dei giorni scorsi in quanto a giocatori trovati positivi. E diciamo una buona volta come stanno le cose: quelli, cari signori, si chiamano focolai. Senza contare poi la lamentela continua e giornaliera dello stop agli spettatori.

Hanno esasperato uno sport trasformandolo in business; hanno creato un giro di soldi tanto grande che li ha arricchiti. E adesso che quel sistema ha trovato un intoppo, non sanno come uscirne. E se ne fregano di tutto, anche della salute della gente, non solo dei calciatori e dei loro dipendenti, ma soprattutto se ne fregano di quelli ai quali vorrebbero consentire l’accesso agli stadi alla faccia dell’emergenza. Hanno creato un’industria e non la sanno amministrare, ed hanno la presunzione di ritenersi all’altezza.

Perché non si guardano in giro? C’è per esempio la National Basketball Association (NBA) che potrebbe dare loro lezioni sia dal punto di vista sportivo, amministrativo ed organizzativo. E i soldi che girano in quello che è ritenuto lo “show-business” per eccellenza, non sono da meno di quelli che girano attualmente nel calcio, anzi. E, aspetto da non trascurare, in quel contesto non ci sono i “più furbi” quelli cioè che cercano di accaparrarsi la fetta più grande della torta unita a privilegi, con ogni mezzo, rispetto ad altri come avviene dalle nostre parti.  Ogni provento è ripartito equamente, i diritti, le sponsorizzazioni, il marchio. Non ci sono conflitti d’interesse come, per esempio, sponsorizzare la nazionale di calcio.

Certe situazioni, certe “furbizie” non esistono perché proibite e punite se ve ne fosse bisogno, esiste poi un codice etico e di comportamento che va rispettato. Nell’aprile 2014, Donald Sterling, proprietario dei Los Angeles Clippers fu bandito a vita dalla NBA con una multa di 2,5 milioni di dollari dopo che era stata resa pubblica la registrazione di alcuni suoi commenti razzisti fatti in privato. Dalle nostre parti personaggi di spicco del mondo del calcio si lasciano andare tranquillamente a frasi come: “Qui fanno i titolari quelli che prima mangiavano le banane” riferito a giocatori di colore, Carlo Tavecchio divenuto poi presidente FIGC. Ma anche: “non dare soldi a quelle quattro lesbiche”, presidente Lega Nazionale Dilettanti riferito alla proposta di finanziare il calcio femminile. Oltre ai tanti episodi di discriminazione territoriale, razzismo, all’interno degli stadi, giustificati con la solita frase: “sono pochi deficienti”, ma in ogni caso tutto rimane invariato.

E inoltre questa NBA è molto bene organizzata, basta vedere in quanto tempo sono riusciti a trovare una soluzione funzionale di fronte all’imprevisto imperversare del Covid che li ha costretti a fermare tutto, mentre qui stiamo ancora a discutere su un protocollo varato dalla FIGC e messo in discussione alla prima controversia.

Insomma, quella che manca è la volontà di cambiare le cose, di modernizzare un sistema che assomiglia ad una corporazione gestita anche con personaggi che forse un calcio ad un pallone non l’hanno mai dato.  Questi, appoggiati da una buona parte di media, pensano di andare avanti comunque, neppure questa emergenza è stata capace di cambiarli, di scuoterli. Niente, hanno perso anche questa opportunità e sono rimasti gli stessi. In tutto questo, non hanno saputo mettere in atto un piano preciso, funzionale, di semplice interpretazione ed applicazione ma soprattutto chiaro ed inattaccabile.