IL TENNIS UCRAINO E L’ONORE DELLE ARMI

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Elina Svitolina è la più forte tennista ucraina del circuito WTA. Occupa la posizione n. 15 nel ranking mondiale. Ieri sera agli Internazionali di Roma è caduta sotto i colpi della bielorussa Aryna Sabalenka, la n. 2 del mondo, che comunque ha dovuto faticare un bel po’ per approdare ai quarti di finale, imponendosi all’ultimo set e soltanto dopo un sanguinoso tie-break.

Un bel match, sporcato dalla ormai usuale pratica delle tenniste ucraine di rifiutare la stretta di mano alle colleghe russe e bielorusse. Un gesto sconsiderato, visto dalla Carta Olimpica come tra i più antisportivi che si possano concepire, perché si sostanzia in una discriminazione. Che nel mondo dello sport è vista quasi peggio del doping.

A sentire le dichiarazioni della tennista ucraina, c’è da rimanere perplessi. Per lei è «una cosa ovvia non stringere una mano quando ho così tanti amici in prima linea che combattono per l’Ucraina. Riesci a immaginarli mentre mi guardano che stringo le mani a un’atleta russa? A volte non si può separare la politica dallo sport. In campo mi sento un soldato che combatte per il proprio paese».

Bene. Allora, cara Svitolina, a parte doverci spiegare cosa c’entrano persone come Daniil Medvedev, Andrej Rublev, Aryna Sabalenka o Viktoryja Azarenka con l’invasione dell’Ucraina, uno dei sacrosanti principi della Carta Olimpica è proprio la netta separazione tra politica e sport. Se la guerra è destinata a dividere, lo sport, che è l’antitesi della guerra, vuole riunire. E se fai dichiarazioni del genere, significa che qualcuno ti ha fatto dimenticare in fretta valore e funzione dello sport. Una grave mancanza, per una professionista del tuo calibro.

Poi, se quando giochi contro una russa o una bielorussa ti senti davvero un soldato come dici, allora saprai che esiste l’«onore delle armi», un riconoscimento militare inventato dai Romani, che lo concedevano alle truppe nemiche quando, pur sconfitte, avessero dato prova di grande coraggio e spirito di abnegazione. Il nemico sconfitto passa in rassegna una rappresentanza del vincitore, che schierata in forma solenne gli tributa il «presentat’arm». Che il nemico sconfitto rifiuti questo altissimo riconoscimento è impensabile. Tant’è che non è mai successo.

Uno dei più famosi «onore delle armi» fu quello attribuito dalle truppe inglesi nel novembre 1942 alla Divisione Paracadutisti «Folgore» dopo la lunga battaglia di El Alamein, in cui i soldati italiani, rimasti senza munizioni, finirono di combattere lanciando contro il nemico barattoli di pomodori pelati imbottiti di esplosivo.

Vedi Svitolina, quando la vincitrice si avvicina alla rete per stringerti la mano, non fa altro che riconoscerti l’onore delle armi. E tu che in campo, sono parole tue, ti senti «un soldato che combatte per il proprio paese», proprio da un’atleta russa o bielorussa rifiuti l’onore delle armi?