DI ANTONELLO TOMANELLI
Facciamo il punto. Abbiamo un migliaio di partigiani che il 7 ottobre entra in Israele e massacra 1500 ebrei, donne e bambini compresi, con mitragliatori, coltelli e a mani nude anche. Come facevano 80 anni fa i nostri partigiani, no?
Ne risparmiano 250, ma solo per portarseli a Gaza City, una città grande quanto La Spezia, ma abitata da un milione di persone, che ora si trovano a stretto contatto con 40 mila miliziani di Hamas armati fino ai denti.
E già qui si contano tre gravi violazioni. La prima, la più eclatante, la identifica l’art. 7 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, ossia l’omicidio «commesso nell’ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili». È la definizione di «crimine contro l’Umanità». Il tipo più grave, si intende, perché anche uno stupro collettivo costituisce «crimine contro l’Umanità».
La seconda violazione è la cattura di ostaggi civili, vietata da una miriade di convenzioni internazionali, compreso lo Statuto di Roma.
La terza rappresenta la violazione di praticamente tutte le convenzioni internazionali fin qui scritte a tutela del fanciullo, identificato nel minore di 16 anni. Della guerra, i fanciulli non devono nemmeno sentir parlare. Vanno dislocati dai relativi teatri nel minor tempo possibile.
Ma cosa avrebbe dovuto fare Hamas, che a Gaza comanda?
Secondo l’art. 78 del Primo Protocollo Aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 1977, fare una lista di tutti i minori presenti a Gaza, dislocarli immediatamente, chiamare la Croce Rossa Internazionale dicendo di venirseli a prendere perché qua tra un po’ ci sarà l’Inferno.
E cosa fa invece Hamas? Li tiene a Gaza City bombardata come mai prima dall’esercito israeliano, visiona i 250 ostaggi acquisiti grazie al pogrom del 7 ottobre, preleva un trafelato tredicenne israeliano e lo utilizza per confezionare un video in cui lo si vede lanciare anatemi contro Netanyahu.
E gli altri, i civili adulti, tra cui donne e anziani, se la passano esattamente allo stesso modo. Oggi Gaza City non è più il capoluogo della Striscia, ma un gigantesco scudo umano.
E Israele? Premesso che qui si parla del presente, quindi non delle numerose violazioni del diritto internazionale imbastite da Tel Aviv negli ultimi decenni, sembrerà strano, ma la sua feroce risposta militare, pur non essendo accettabile eticamente, lo è per il diritto bellico. Il mancato sgombero dei civili che Hamas era obbligato ad effettuare, ha causato la confusione tra obiettivi civili e militari, in una città con una densità abitativa di 14 mila abitanti per km quadrato.
In questi casi le convenzioni di Ginevra accettano il sacrificio di civili innocenti. Ma soltanto a una condizione, che è quella riportata all’art. 51 del Primo Protocollo Aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 1977, che segna il limite tra l’azione legittima e il crimine di guerra: gli attacchi sferrati non devono provocare perdite umane «che risulterebbero eccessive rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto». In assenza di tale proporzione, gli attacchi vengono considerati «indiscriminati», ossia come se fossero condotti nei confronti della popolazione civile, quindi crimine di guerra.
E qui si apre uno scenario interpretativo sterminato. Si può provare a fare degli esempi, di certo non esaustivi. L’esercito israeliano non potrebbe lanciare un missile contro un condominio abitato, pur non sgomberato da Hamas, solo perché all’interno ci vive un suo comandante militare. Potrebbe farlo se all’interno vi fosse un plotone addetto al funzionamento di un lanciamissili attivo.
E se è vero che Hamas di quei missili ne possiede a decine di migliaia, le probabilità che un bombardamento, per quanto mirato, non porti alla morte di civili palestinesi in una città con una densità abitativa che è tre volte quella di Tunisi, in misura percentuale sono rappresentabili con un prefisso telefonico.
La questione, quindi, è soltanto etica. Israele dovrebbe fermarsi?
La disumanità di Hamas è comprovata. La sua volontà di portare al martirio anche i civili palestinesi è conforme alla propria ideologia, che non risparmia nessuno. I morti di Gaza sono la conseguenza della sua vigliacca e scellerata scelta, vergognosa per qualsiasi esercito di liberazione, di rimanere al coperto fregandosene di anziani, donne e bambini.
Ma quelle vite, materialmente, vengono spezzate dalle bombe di Israele, non da Hamas.
Visti i precedenti passati e recenti, Hamas avrebbe già lanciato l’Atomica su Tel Aviv, ad avercela. Del resto, secondo il suo statuto e sulla base dei suoi insegnamenti, è dovere di ogni musulmano uccidere ebrei. Una forma mentis che, per ovvi motivi, da un paese come Israele andrebbe aborrita, figuriamoci se replicata.
Ma ancora qualche mese di bombardamenti così intensi su Gaza e ci avvicineremo, come numero di morti, agli effetti della esplosione di un ordigno nucleare di qualche kilotone.
Insomma, questo è uno di quei casi dove le regole scritte dagli uomini dovrebbero ritrarsi di fronte ad un imperativo etico.
C’è da augurarselo. Ma le recenti dichiarazioni di alcuni ministri del governo Netanyahu non preannunciano nulla di buono. Siamo di fronte ad uno scontro tra destre estreme che manifestano un rapporto quasi cordiale con la violenza: Hamas da una parte, governo Netanyahu dall’altra.
E nemmeno l’Onu pare la sede giusta per distribuire buone idee. L’invio di una forza militare di interposizione dovrebbe essere deciso dal Consiglio di Sicurezza, dove qualsiasi proposta sarebbe con ogni probabilità cassata da almeno una delle cinque potenze titolari del diritto di veto.
Potranno, anzi dovranno concordarsi pause umanitarie per la messa in sicurezza di minori, donne e bambini, e di quegli uomini che non se la sentono di partecipare alla Jihad, Hamas permettendo.
Ma in ogni caso, prima o poi e una volta per tutte, Israele dovrà chiudere i conti con Hamas, un vero spettro per la popolazione civile israeliana e con cui non si può certo discutere. E che soltanto pochi giorni prima del pogrom del 7 ottobre, a Gaza veniva data al 23%, praticamente dimezzata rispetto alla esplosione elettorale del 2006 che la portò al potere. Figuriamoci il consenso che avrà adesso, dopo quello che ha fatto e che sta facendo.
Una volta isolata militarmente, qualsiasi azione contro Hamas riceverà senza dubbio il plauso della quasi totalità dei palestinesi.