UNA DECISIONE RIPUGNANTE

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Queste due facce le conosciamo bene. Quella a destra era la faccina di Manuel, il bambino di 5 anni che era dentro l’auto della madre mentre transitava per Casal Palocco il pomeriggio del 14 giugno 2023. Quella a sinistra è la faccia dell’ancora vivente Matteo Di Pietro, lo youtuber che insieme ad un gruppo di scocomerati, non a torto autodefinitisi Borderline, aveva noleggiato una Lamborghini Suv Urus, un mostro da 650 cv che partendo da fermo ci mette meno di 3 secondi e mezzo a raggiungere i 100 km/h. Un ordigno vagante.
L’avevano noleggiato per stupire i propri follower sfrecciando con quel bolide in un centro urbano, naturalmente filmando il tutto. Una challenge, come suol dirsi. E quando si viaggia alla velocità di 130 km/h laddove vige il limite dei 50, notoriamente le probabilità che qualcosa vada storto sono piuttosto alte.
Infatti, all’incrocio tra via Archelao di Mileto e via di Macchia Saponara, il Suv si scontra con una piccola Smart con dentro una signora e i suoi due figlioletti. Per il piccolo Manuel l’impatto si rivela mortale. Nessuna traccia di frenata. Secondo le perizie, il Suv è piombato sulla Smart con le sue due tonnellate di peso e più alla velocità di 125 km/h.
Risultato? Arrivato ieri. Quattro anni e quattro mesi, grazie al patteggiamento accettato dal giudice, da scontare non in carcere, ma ai confortevoli domiciliari. Una soluzione che indigna parecchio. Ma che deve sconcertare se si presta attenzione a come si è arrivati ad una simile conclusione.
Non è di per sé il calcolo della pena che residua dal riconoscimento delle attenuanti a dover scandalizzare. Ciò che sconcerta è l’aver qualificato quel reato come omicidio colposo, che è il classico omicidio che si commette guidando.
L’omicidio colposo deriva dal concetto di colpa, che si verifica quando qualcuno provoca la morte a seguito di una condotta imprudente o violando una o più norme che disciplinano la circolazione stradale. Se io investo una persona uccidendola mentre attraversa la strada, guidando oltre il limite consentito, oppure parlando al cellulare, commetto un omicidio colposo. Caratteristica dell’omicidio colposo è l’assenza di qualsiasi volontà omicidiaria.
Ma se io a Milano mi metto al volante di un’auto e percorro corso Buenos Aires compiendo gincane tra auto e pedoni a 120 km/h, per divertimento o per far vedere agli altri quanto sono bravo, e ne investo uno uccidendolo, non mi trovo più di fronte ad un omicidio colposo, perché con il mio comportamento scellerato, pur non volendo, ho accettato il rischio di uccidere qualcuno.
Si chiama dolo eventuale, e che trasforma l’omicidio da colposo in doloso, ossia volontario. Mentre nell’omicidio colposo io vìolo una norma di comportamento ma nemmeno mi passa per l’anticamera del cervello l’idea, il rischio di poter uccidere qualcuno, nell’omicidio a dolo eventuale quella idea me la rappresento eccome, ma confido nella mia abilità di guida. In questo caso accetto il rischio che l’evento letale si verifichi.
Noleggiare un’auto del genere al dichiarato scopo di effettuare una challenge con gli amici e di postarla su youtube, girare un video mentre si sfreccia a 125 km/h in un centro urbano, nella consapevolezza che più veloci si va più gradimento si ottiene, e così facendo si finisce contro un’auto che procede lentamente uccidendo un bambino di 5 anni, non può essere considerato un semplice omicidio colposo.
Mentre guidava a quella velocità in un centro urbano, con diverse auto che transitavano, Matteo Di Pietro ben si era rappresentato la possibilità di collidere con altre auto, accettando il rischio di uccidere qualcuno, pur confidando nelle sue abilità.
La questione non è banale. Nel caso di Di Pietro si è partiti da una pena di 10 anni per applicare le varie attenuanti concesse. Se fosse stato riconosciuto il dolo eventuale, si sarebbe partiti da una pena di 21 anni, che è la pena minima da cui partire in caso di omicidio volontario. Una differenza non da poco, che quanto meno avrebbe reso un minimo di giustizia alla povera madre e alla sorellina di Manuel.