BOCCIATI I FINANZIAMENTI USA, KIEV A RISCHIO COLLASSO

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Dalla redazione di REMOCONTRO –

Al Senato americano non basta il monito di Biden e i repubblicani bloccano di nuovo l’approvazione dei finanziamenti straordinari per l’Ucraina. E anche i soldi della Ue sono in ritardo, con le armi promesse ma non ancora prodotte. Il presidente Zalkensky in grave difficoltà annaspa e inciampa, forse all’insediamento del problematico presidente argentino Milei

Il senato Usa sceglie Israele e scarica Kiev

106 miliardi di dollari, di cui almeno 61 destinati all’Ucraina e 14 a Israele. Tel Aviv non Ha nulla da temere, con i repubblicani schierati compatti col governo di Netanyahu. Ma sull’ennesima tranche di aiuti a Kiev, è scontro elettorale aperto. Soldi che molto probabilmente alla fine arriveranno, ma molto alla fine, dopo aver logorato la presidenza Biden, ed ottenuto in cambio provvedimenti anti migranti severi e poco dem. Inutili gli scenari apocalittici dalla Casa Bianca sul Cremlino che prende l’Ucraina, o di soldati Usa coinvolti in una guerra Nato contro Putin. Ostruzionismo repubblicano per Kiev a dissenso della sinistra democratica sulle armi a Zelensky, ma soprattutto su quelle a Netanyahu che le scarica su Gaza.

Guai di casa americana e dramma ucraino

Cremlino quasi signorile, col portavoce del presidente Putin che si affida al Congresso americano per tagliare finanziamenti e guerra. Ma tensione altissima sull’altro fronte dove, Oleksii Danilov, il capo del Consiglio nazionale di sicurezza ucraino, promette che «non smetteremo di difenderci, non rinunceremo a un solo pezzo della nostra terra». «Indipendentemente da chi, dove e come hanno votato in qualsiasi Paese del mondo». Richiamo all’ottimismo patriottico in via di esaurimento

Paura del collasso economico

«La paura del collasso economico aleggia sulla Verkhovna Rada, il parlamento ucraino», avverte Sabato Angieri sul Manifesto. Mentre La Stampa torna a fare i conti economici oltre le belle parole. Le frasi che sono diventate tipiche e ossessivamente ripetute nei discorsi di Biden e dei suoi collaboratori più stretti – «sostegno incrollabile» (ironclad) e «aiuti fino a quando necessario» (as long as it takes), che resistono negli interventi pubblici (Blinken lunedì scorso alla Nato ha citato nuovamente il sostegno fin quando sarà necessario), a Kiev la percezione è diversa. E Zelensky le preoccupazioni, miste a critiche e ad appelli per aumentare gli sforzi, le ha rese pubbliche in un’intervista alla Associated Press.

I conti economici della paura

Senza gli aiuti economici degli Usa chi pagherà gli stipendi ai soldati al fronte? Chi le indennità alle famiglie delle vittime? Gli stipendi dei dipendenti pubblici, le riparazioni delle centrali energetiche e delle infrastrutture che permettono al cibo di arrivare in Ucraina. Il debito con il Fmi incombe sul bilancio ucraino e senza la copertura Occidentale il rischio di default è quasi certo, svalutazione della moneta per cominciare. «E lo stallo militare non permette a Zelensky di promettere vittorie credibili, almeno nel futuro immediato. E il tempo torna così ad essere il nuovo nemico silenzioso tra le trincee gelate e le faide interne ai vertici che inevitabilmente mieteranno nuove vittime», ancora Angieri.

2014, il vero inizio delle ostilità

Gli Stati Uniti hanno speso oltre il 97% dei fondi disponibili. Al 20 novembre avevano dato circa 44,2 miliardi di dollari in assistenza militare a Kiev dal febbraio 2022; in totale -dal 2014 (la vera data di inizio delle ostilità)-  i fondi stanziati sono stati 47 miliardi. In totale fra aiuti finanziari, economici, umanitari e militari Washington ha elargito risorse per oltre 113 miliardi di dollari nel 2022, una cifra più alta di quanto spende annualmente il ministero dell’Interno e poco meno del bilancio del Commercio.

Pentagono e Intelligence, verità svelate

Il Pentagono pur prudente, riteneva che le armi a disposizione dell’Ucraina e una tattica corretta, potessero avere alla fine la meglio sui russi, mentre l’intelligence Usa non ha mai dato più del 50% di chance di successo alla controffensiva. E non certamente di conseguire quel ritorno ai confini del 1991 sbandierato da Zelensky.

Europa troppo Nato ora si defila

L’ungherese Orban non solo non vuole l’Ucraina nell’Ue, ma non vuole neppure discuterne, vedere la decisione in agenda. Ieri il premier spagnolo Pedro Sanchez, presidente di turno dell’Ue, ha chiamato Orban per tentare una mediazione. «L’allargamento è un investimento nella pace, nella sicurezza, nella stabilità e nella prosperità per l’Europa» ha scritto su Twitter Sanchez, aggiungendo anche che «la Spagna farà tutto il possibile per raggiungere il consenso tra i 27 e mantenere il sostegno finanziario e militare all’Ucraina».

“Oggi, si riunirà l’Ecofin e discuterà proprio della situazione economica ucraina. «Penso che sia importante prendere una decisione sui finanziamenti» ha dichiarato il vice-presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, «perché è tardi, siamo già a dicembre». Ma regali di Natale di sostanza, decisamente improbabili”.

 

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Articolo a firma Rem, dalla redazione di

8 Dicembre 2023