CONTI IN TASCA: PRODUZIONE INDUSTRIALE -7% IN DUE ANNI BRUCIATI 61 MILIARDI DI RISPARMI

DA REDAZIONE

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Produzione industriale ad aprile in calo dell’1,9%. -7,2% annuo. Quarto calo consecutivo. Male i settori energivori (carta, chimica e metallurgia). Dall’inizio dell’anno la frenata è del 2,9%. Segnali di rallentamento anche sulle esportazioni, come segnalato dalle rilevazioni extra-Ue di aprile, in calo del 5,1% dopo due anni di crescita continua.
La guerra in Ucraina ha accelerato la crisi. Problema chiave, l’energia. Il gas naturale che costa sei volte di più in Europa che negli Stati Uniti. Rischio di deindustrializzazione europea. Dall’industria alle tasche di tutti noi: In due anni bruciati 61 miliardi di risparmi nei conti di famiglie e imprese. In soli tre mesi, da dicembre 2022 a marzo 2023, la variazione negativa è stata pari a oltre 50 miliardi. 

L’economia in Europa

Frenata non limitata all’Italia ma che coinvolge l’intero continente, come già aveva segnalato Eurostat nei dati di marzo, quando l’intera produzione Ue era calata del 3,6 rispetto al mese precedente. Osservata speciale continua ad essere la Germania, primo mercato di interscambio per il nostro paese, i cui risultati inevitabilmente si riflettono sulla nostra industria. Da Berlino, che gli ultimi dati di Pil indicano in recessione tecnica, i segnali non confortanti. Anche altrove in Europa il raffreddamento è comunque evidente, con la produzione spagnola a cedere nel mese l’1,8% e la Francia in frenata di un decimale, calo che sale però allo 0,4% nella sola manifattura.

Italia, -7,2%: peggio solo in pandemia

E non è soltanto un problema ‘congiunturale’, rilevano gli analisti. La serie negativa è anche su base trimestrale e su base annua. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, più che di caduta si deve parlare di vero e proprio crollo (nel periodo febbraio-aprile dal -7,2% attuale la flessione 2022 era stata invece dell’1,3%). Mai così male dal luglio del 2020, quando il paese era alle prese con la cosiddetta «fase due» della pandemia.

Coinvolti tutti i settori

«Le diminuzioni – si legge nel comunicato dell’Istituto di statistica – sono estese a tutti i comparti». I più colpiti, tuttavia, sono i comparti dell’energia (-12,6%) e dei beni intermedi (componentistica, semilavorati, – 11%). Quelli che ci legano alla «grande manifattura allargata tedesca». Si calcola che la componentistica italiana pesi per il 30-40% sul ‘valore finale’ delle principali auto tedesche (per le Opel si arriva addirittura al 60-70%). Si va dai motori elettrici montati sulle Porsche e dai fari delle Audi (Marelli) ai freni delle Bmw (Brembo), agli ammortizzatori di sterzo delle Volkswagen (Cultraro), rileva Luigi Pandolfi sul Manifesto.

Auto tedesche crisi italiana

«Senza l’Italia, insomma, i tedeschi non potrebbero fare le loro macchine. Ma il rovescio della medaglia non è meno minaccioso: se la Germania va in sofferenza, tutte le ‘catene del valore’ europee riferite all’industria tedesca ne risentono». Ed è quello che sta succedendo (la Germania, oltretutto, da maggio è in ‘recessione tecnica’). Non a caso, insieme all’Italia, va in affanno la Spagna, che come noi è fortemente inserita nella filiera produttiva che conduce a Berlino.

I colpi della guerra ucraina

I problemi dell’industria tedesca non sono recentissimi, ma la guerra in Ucraina ha accelerato la crisi. Materie prime, energia, mercati. «In pochi mesi è stato stravolto un assetto economico e produttivo germanocentrico e agganciato alle fonti energetiche russe costruito nel corso di decenni». I nostri guai hanno solo radici tedesche? No, ci sono anche problemi nostri, interni. Ma molti hanno le stesse radici dei problemi tedeschi. Guardando i settori più colpiti, si nota subito che alla base dello schianto ci sono i costi dell’energia.

Crisi generale europea

A marzo era stato rilevato un calo della produzione industriale del 3,6% in tutta l’Unione. Per tutti, il problema chiave si chiama energia e materie prime, che sta minando la competitività dell’industria europea. Il gas naturale costa sei volte di più in Europa che negli Stati Uniti. Secondo uno studio ISPI i prezzi alla produzione delle industrie europee sono aumentati del 42%, mentre quello delle aziende americane dell’8,5%. E molte società del continente, soprattutto tedesche, hanno deciso di trasferirsi all’estero. Negli Usa principalmente, aiutati da sleali incentivi.

“Per noi Europa, il rischio reale di deindustrializzazione. Anche l’Ue ne è consapevole, ci dice la politica. Ma al momento non sembra che abbia chiaro come scongiurare questa evenienza”.

Bruciati 61 miliardi di risparmi di famiglie e imprese

Tra dicembre 2021 e marzo 2023, il saldo totale dei conti correnti di famiglie e imprese è calato di oltre 61 miliardi di euro. Da dicembre 2022 a marzo 2023, la variazione negativa è stata pari a oltre 50 miliardi. Il rialzo del costo del denaro ha cambiato le carte in tavola per famiglie e imprese all’inflazione, e la ricchezza accumulata nel corso di anni corre il rischio di andare in fumo in tempi brevi. Sfrenata corsa dei prezzi, prestiti più onerosi e perdita di potere di acquisto sono solo alcune delle maggiori conseguenze di un meccanismo economico perverso che mina il tesoretto degli italiani e continua a metterne a dura prova la capacità di risparmi.

“Salvadanai” a secco

Già dai primi mesi del 2022, il carovita e l’inflazione non solo hanno invertito la tendenza al risparmio delle famiglie, pressoché prossima allo zero nei primi cinque mesi (in media pari allo 0,2% da gennaio a maggio) e con tassi di decrescita nel restante semestre, ma hanno dunque cominciato a erodere le riserve accumulate dal sistema produttivo italiano (per una percentuale pari all’1,4% ovvero 4,4 miliardi di euro), privo ormai di risorse finanziarie da devolvere agli investimenti.

“Il decremento complessivo delle risorse depositate è stato pari, in soli tre mesi, a ben 50 miliardi di euro spesi per coprire consumi e investimenti. Se si analizzano tutte le forme di giacenza sui conti bancari, sono oltre 61 miliardi di euro i depositi totali ‘saccheggiati’ dagli italiani a partire da dicembre 2021 fino a marzo 2023, utili per fronteggiare i danni economici subiti da inflazione e ridotto potere di acquisto”.

 

Articolo a firma “rem” dalla redazione di

11 Giugno 2023