BENNY

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

È la cronistoria, dal ‘48 ad oggi, dei “caduti” – operai, braccianti, studenti, sindacalisti – uccisi dai fascisti, dalle forze dell’ordine e dalla mafia. Una scia di vite spezzate.

Bari –  Piazza Chiurlia, nella città vecchia, una folla enorme accompagna il feretro di Benny, Benedetto Petrone.
Le scuole sono chiuse. Le serrande dei negozi abbassate. Si sono fermate anche le fabbriche. Le tute blu sono in prima fila.
Le bandiere rosse. Una colata di rabbia. Il trauma. Il dolore schiacciante.
Benny, 18 anni, era uno studente-operaio, iscritto alla “Federazione Giovanile Comunista Italiana”.
<<Dicevi che i fascisti erano scemi, che qui non succede mai niente di grave, e invece hanno cominciato ad uccidere proprio con te>>, singhiozza Maria, la sorella di Benny.
Dopo l’orazione politica pronunciata dal segretario nazionale della “FGCI”, Massimo D’Alema, si muove il corteo. Trentamila persone. “Gente, gente non state lì a guardare abbiamo un compagno da vendicare”.
Davanti alla Prefettura, rovesciando delle macchine parcheggiate, vengono erette delle barricate. La polizia spara colpi di pistola in aria. La sede dell’Msi, di via Piccinni viene bruciata. Devastata anche la sede della “Cisnal”.
Voleva marcare il territorio il commando – almeno una decina di camerati – che ha accoltellato a morte Benny e ferito Franco Intranò, la sera del 28 novembre del ’77. <<Tutto è avvenuto in pieno centro, in corso Vittorio Emanuele: erano le 21 quando una cinquantina di squadristi si sono scatenati dalla sede missina, armati di coltelli e bastoni, piombando su un gruppo di giovani compagni che si erano ritrovati sul posto ancora scossi per una vile aggressione avvenuta nel pomeriggio. I fascisti avevano infatti assalito un altro compagno, un giovane anche lui iscritto alla FGCI. Era una settimana che le provocazioni si sgranavano una dietro l’altra, senza quasi sosta>>. (L’Unità, 29 novembre 1977)
Benny e gli altri stavano passeggiando nella centralissima piazza Massari, quando all’altezza di ”Corso Vittorio Emanuele” sono stati circondati dai fascisti. Presi alla sprovvista hanno tentato di difendersi. Con i passamontagna calati sui volti si sono accaniti sul più indifeso: Benny, sin dalla nascita menomato dalla poliomielite. Franco ha cercato di soccorrerlo, ma a sua volta è stato ferito.
Sono quelli della sezione del “Fronte della gioventù Passaquindici”, che da anni imperversano davanti alle scuole baresi “utilizzando perfino i cani lupo nelle aggressioni agli studenti democratici”. (L’Unità, 30 dicembre 1977)
Come responsabile dell’omicidio viene da subito individuato, Giuseppe Piccolo, noto mazziere nero, con alle spalle denunce e condanne. Viene condannato a 22 anni di reclusione dalla “Corte di Assise” di Bari e in appello la pena viene ridotta a 16 anni. Nel 1984, Piccolo, muore suicida nel carcere di Spoleto.