DI GIOACCHINO MUSUMECI
“Il tempo in cui crollavano bastioni
e fragili illusioni secolari
venne freddo come la tramontana
ci proclamavamo buoni
ma gettammo la maschera a milioni.”
Ho scritto questi versi due giorni fa convinto che follia collettiva si consumi nella pericolante realtà alternativa le cui disamina sarebbe troppo impegnativa. Il mondo ha dipinto il miraggio di un giardino nel deserto ove fiori sgargianti hanno occultato politiche controverse ai danni dei palestinesi. In questa enorme costruzione ideologica le nostre istituzioni svolgono il ruolo del paziente schizofrenico proiettato in un piano ove la morte dei bambini palestinesi è occultata dalla storia di una bambina inglese. Oltre il nostro confine, il più grande fallimento della comunità internazionale è non opporsi efficacemente alla deformazione del diritto a difendersi oggi esplicato con violenze su larga scala ai danni di tutti i civili palestinesi.
Negli anni, nonostante evidenze come occupazioni illegittime e il regime di Apartheid a cui è sottoposto il popolo palestinese, non abbiamo che immaginato Israele in un ciclo di violenze e attentati costati la morte di migliaia di innocenti, ma non abbiamo guardato oltre questo limite perché siamo stati educati a non farlo. E attenzione, non lo affermo io, si evince, per esempio, dalla base concettuale di un documento redatto dall’accademico ebreo dott. Frank Luntz- The Luntz report – The Israel Projects 2009 Global Language Dictionary.pdf (archive.org) ” 18 Capitoli e 4 appendici in cui si spiega in che modo persuadere efficacemente l’opinione pubblica americana a sposare la causa israeliana. Ma quanto l’Italia è influenzata da Washington? Dovremmo rifletterci attentamente. E’ proprio Lunz a scrivere che “La maggior parte degli americani vede Israele in un ciclo di violenza che va avanti da migliaia di anni e che bisogna disarmarli dai sospetti prima che si aprano a conoscere nuovi fatti su Israele”. Consiglio la lettura di questo prezioso documento, offre spunti di riflessione sulla propaganda non solo israeliana, anche su metodi persuasivi usati dai politici e intellettuali di casa nostra. Non ci siamo resi conto ma nel mondo occidentale alla retorica contro gli autocrati segue l’assurdo in cui la Democrazia magnifica sé stessa quando rappresentata da leaders palesemente antidemocratici.
Questa diversione per introdurre il tema della dissociazione dalla realtà che affligge il mondo contemporaneo in cui appaiono naturali e legittimati primi ministri fascisti e letteralmente patologici.
Ciò è precisamente quanto emerge dal manoscritto redatto da Moshe Yatom, psichiatra di Benjamin Netanyahu. Il professionista suicidatosi con un colpo di arma da fuoco nel Giugno 2010, ha definito l’attuale premier israeliano “Un buco nero di autocontraddizione”. Il contenuto della agenda di Yatom ritrovato dopo il suicidio, parte del manoscritto incompiuto “Psychotic On Steroids”, è agghiacciante: per Netanyahu “La rapina è redenzione, l’apartheid è libertà, gli attivisti pacifisti sono terroristi, l’omicidio è legittima difesa, la pirateria è legalità, i palestinesi sono giordani, l’annessione è liberazione, non c’è fine alle sue contraddizioni”.
Nethanyahu, secondo Yatom, definì positivo l’attacco dell’11 Settembre alle torri gemelle.
E a una sola settimana di distanza dal suicidio di Yatom è seguito per overdose di Valium quello di Yigal Peleg, 61enne psichiatra dell’allora ministro della difesa israeliano Ehud Barak. La due morti hanno provocato lo sconcerto della comunità psichiatrica israeliana che ha visto allontanarsi paurosamente un rimedio terapeutico contro il bi pensiero.
Immaginate il tenore delle preoccupazioni nel sapere in quali mani sia stato deposto esagerato potere e quanto i cittadini Israeliani siano stati manipolati fino a convincersi che il lato oscuro di Israele non esiste.