DI ORSO GRIGIO
Un paese ha quello che si merita, ovvietà che ho ribadito fin troppe volte.
Non parlo solo dei politici che lo governano, per i quali il concetto è del tutto ovvio visto che a votarli siamo stati noi, ma di tutto quello che succede, di come viene raccontato, dei media, dei libri che compriamo, della musica di merda.
Di quest’aia dove starnazziamo giulivi, insomma.
Parlo, naturalmente, anche dei programmi radio tv.
Una cosa come la “Zanzara”, al pari de “l’aria che tira” (sembra che i due si siano divisi il lavoro) dubito che potrebbe esistere in un paese appena normale.
Talmente oscene e fastidiose entrambe che se ti capita di ascoltarle o peggio ancora di vederle invochi le interferenze di “Radiomaria”.
E io che pensavo che la cosa peggiore di radio e tv fossero i deejay, Sallusti e “Il grande fratello”.
E parlo, purtroppo, anche del Presidente della Repubblica.
Forse sono stato poco attento e mi sono perso qualche dichiarazione importante, di quelle che ti aspetteresti dal tuo rappresentante più nobile, e può essere visto i cacchi che ho per la testa, ma come già per certi problemi sociali che stanno mettendo in ginocchio questo paese, come la miseria vera e la sanità tanto per dirne due, sui quali non l’ho sentito proferire verbo, trovo il suo silenzio di fronte a quello che sta accadendo in Medio Oriente piuttosto inquietante.
Eppure quando si è trattata di difendere l’Ucraina mi era parso piuttosto loquace.
Ho visto che recentemente si è espresso, oltre che sull’orribile attentato di Hamas (giustamente), pure sulla creatività di Fellini (giusto, che diamine) e sulla necessità di tutelare il risparmio degli italiani (giusto, perbacco, soprattutto per le banche), ma sull’evolversi tragico di quella guerra, al netto delle frasi di circostanza e piuttosto a salve, si è spento.
Nemmeno un fiato sull’astensione alla risoluzione dell’Onu, per dire.
Diplomazia, dicono, una parola che mi ha sempre fatto venire la psoriasi al cervello, perfetta per sostituirla al coraggio.
Ma forse in quella striscia maledetta da tutti gli dei le persone muoiono di meno, forse il rumore e poi la polvere delle macerie dopo i bombardamenti ci offuscano l’udito e la vista e quelle grida di dolore non le sentiamo, quei corpi straziati non li vediamo; forse ci sembra normale rispondere alla morte con altra morte e sempre di povere anime che la vita non hanno fatto nemmeno in tempo a respirarla, forse per noi portatori tossici di democrazia il loro genocidio sarà solo un “danno collaterale” nel giusto processo di ripristino della pace e del bene, atteso da tutti con così tanta eccitazione.
Tanto non sono nemmeno cattolici apostolici romani, in fondo.
E poi “mammamerica”, si sa, non gradisce essere disturbata dai sudditi.
Non puoi dirgli, al diversamente lucido Biden, che basterebbe una sua parola per fermare questo massacro: si offenderebbe.
Se fosse davvero così, ma ripeto che forse sono io che mi sono perso qualcosa, non potrei accettarlo.
Non che le sue parole cambierebbero qualcosa, lo so bene, ma avrebbero un impatto e una forza che ci aiuterebbe a sentirci meno soli.
E invece vedo solo da una parte la politica che rifiuta di votare per una tregua e dall’altra l’opinione pubblica che si accapiglia nel tifo come se si trattasse di giudicare la validità di un gol, e soprattutto vedo che, al contrario di quel gol, di questi morti non frega un cazzo a nessuno.
E il presidente di tutti, e al di sopra di tutti, mi pare assente, impalpabile, inutile.
E allora, in questo scenario aberrante è come se mi mancasse l’aria, come gridare senza voce, piangere senza lacrime.
So di essere un errore di sistema, un progetto realizzato male, con troppe aspettative, e dev’essere per questo che la mia esperienza in politica è durata quanto l’orgasmo di un coniglio, ma viviamo tempi orrendi, vuoti di umanità e valori, e se uno, alla sua età e nel suo ruolo, non sente il bisogno di dire certe cose, vuol dire che certe cose non gli appartengono.
Piuttosto deprimente.
Ma tutto questo si spiega con la matematica.
Noi votiamo i politici, che sono quello che sono, e loro votano il Presidente della Repubblica, che è quello che è.
E se in tempi ormai trapassati come me, c’è stata un’eccezione, è quella che conferma la regola, per l’appunto:
la proprietà transitiva.