ESCALATION IN ARRIVO?

DI ANTONELLO TOMANELLi

ANTONELLO TOMANELLI

Un missile colpisce il mercato di Kostiantynivka, oblast di Donetsk, e fa una strage. I mezzi di informazione occidentali si affrettano a specificare che si tratta di un missile lanciato dai russi, fungendo così da cassa di risonanza della versione ucraina.

Secondo altre fonti, invece, a causare la strage sarebbe stato un missile anti-radar AGM-88 HARM, di fabbricazione americana, lanciato da un caccia ucraino decollato dalla base aerea di Mirgorod, situata a Druzhkovka, ancora sotto il controllo di Kiev.

Cose già viste e sentite, diremmo noi. Logica imporrebbe di considerare che se Kostiantynivka è sotto controllo russo, come la maggior parte dell’oblast di Donetsk, difficile ipotizzare che la strage sia attribuibile ai russi, a meno di un clamoroso e tragico errore.

Errore che però il mainstream esclude, fino a dare ampio risalto alle parole di Zelensky: «Quando qualcuno nel mondo prova ancora ad avere a che fare con qualcosa di russo, significa chiudere gli occhi sulla realtà. L’audacia del male. La sfacciataggine della malvagità. Disumanità assoluta». A pronunciare queste parole è colui che considera  traditore della Patria chiunque manifesti l’opportunità di una trattativa con Mosca, fino a vietarla per legge e invitare il Papa a non ficcare il naso in questioni che non lo riguardano. Qualcosa non torna.

Ma si sa, oggi la Propaganda è la quintessenza della guerra, che finisce per avallare, se non incoraggiare, le reazioni più turpi. E le cattive notizie non arrivano mai sole. A cadaveri di Kostiantynivka ancora caldi, da Washington arriva l’annuncio ufficiale dell’invio a Kiev di munizioni a uranio impoverito per un valore di un miliardo di dollari. Una quantità enorme, se si considera il basso costo dell’uranio impoverito; e nonostante l’art. 35 del Protocollo Aggiuntivo della Convenzione di Ginevra (1977) vieti «l’impiego di metodi o mezzi di guerra concepiti con lo scopo di provocare, o dai quali ci si può attendere che provochino, danni estesi, durevoli e gravi all’ambiente naturale».

In sostanza, si rivendica pubblicamente, quasi con orgoglio, la violazione di una convenzione internazionale.

E come se non bastasse, ci si mette anche la Romania a gettare benzina sul fuoco. Pare che alcuni frammenti di un drone russo abbattuto siano caduti in territorio rumeno. Sembrerebbe uno scherzo, ma il presidente Kalus Iohannis ha parlato di «situazione completamente inaccettabile, che costituisce una grave violazione della sovranità e dell’integrità territoriale di un Paese Nato». Un chiaro invito alla Nato a invocare il famigerato art. 5 del Trattato. Per un pezzo di drone distrutto.

Tra incaute affermazioni e umoristiche farneticazioni, possiamo arrivare ad una amara conclusione. Almeno per il momento, non vi è un solo individuo, uno, al di sopra di tutti noi, che nel giocare questa partita della morte stia manifestando un briciolo di buon senso e di razionalità.