MENTANA: “PER ME CHE FACCIO IL GIORNALISTA”

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

La frase che più ripete, nel corso delle sue famigerate “maratone” è: “per me che faccio il giornalista”.

Francamente, però, nelle sue trasmissioni e comparsate televisive, non ho mai visto un giornalista. Ho visto sempre dibattiti surreali fra un esponente di un partito ombra chiaramente collocato politicamente ed evidentemente schierato (travestito da giornalista) e gli altri (quasi tutti omologhi).
Ma forse neanche dibattiti. Il penoso spettacolo al quale ci costringe con la sua evidente passione ed appartenenza politica, possiamo paragonarlo, senza sforzo, alle peggiori tribune elettorali di tempi andati o ai “processi del lunedì” di Biscardiana memoria.
E se l’ospite, chiunque sia, non la pensa come lui, via ad interruzioni, sovrapposizioni. Lo abbiamo visto, qualche tempo fa, con un senatore del Movimento, interrompendolo ripetutamente, sovrapponendosi violentemente, discutendo animatamente, ribadendo il suo parere contestando, anche gridando, il parere dell’ospite.
Dichiarò che, sapendolo prima, non avrebbe mandato in onda il famoso intervento di Conte con il richiamo a Meloni e Salvini, poi ha ritenuto opportuno, invece, mandare in onda le immagini della tragedia di Mottarone. Ieri è entrato a piè pari sul supposto “disastro economico” del 110, confermando le teorie di Giorgetti, senza dare una spiegazione, senza entrare nel merito, senza comunicare i dati e l’analisi di “Nomisma” che, invece, restituiscono un risultato opposto a quello caro a Giorgetti. L’ennesima manipolazione del telespettatore a vantaggio di Meloni e famiglia. Mai nella mia vita ho assistito ad un tale massacro del giornalismo, delle norme dettate dal buon senso, ma anche deontologiche, che dovrebbero regolare l’esercizio di quella professione.
Il nostro non è un giornalista, è un politico vero e fatto. Utilizza il ruolo del giornalista per rendere più credibili le sue opinioni da politico e questo non gli dovrebbe essere consentito. Dovrebbe candidarsi con quelli che ama e dei quali idolatra il pensiero ed abbandonare quella professione che dichiara di svolgere e che, invece, sta umiliando. Non credo di aver conosciuto, nella mia lunga vita (a parte Fede che, comunque, era meno subdolo e più scoperto) un giornalismo ed un giornalista peggiore e più di parte.
Aggiungo la considerazione, non secondaria, che il suo comportamento, oltre che essere esempio di cattivo giornalismo, è pura scorrettezza, perché approfitta del suo ruolo per fare giungere messaggi di parte, mettendo in atto una squallida forma di manipolazione dell’informazione e, quindi, di indirizzo delle opinioni del telespettatore.
Dovrebbe scendere nell’agone politico. Forse migliorerebbe il livello della sua parte politica. Sicuramente farebbe un favore al giornalismo.