UN PO’ DI BELLEZZA

DI ORSO GRIGIO

REDAZIONE

 

Io non sono credente, anche se vorrei potermi definire cristiano, ma le chiese, con la loro maestosità e quei silenzi riverberati dove ogni piccolo suono è già musica, mi hanno sempre affascinato.
Dalle mie parti ce ne sono di bellissime e due di queste le porto nel cuore più di tutte: una è San Domenico, nel centro storico della mia città, e quella ve la presenterò un’altra volta, e l’altra è Pieve di Romena, a poco meno di cinquanta chilometri da Arezzo, nel comune di Pratovecchio.
In Casentino, per chi conosce un po’ la zona.
E chi non la conosce peggio per lui, perché raccoglie perle di bellezza rara.
Questa chiesa, dichiarata Monumento Nazionale, di architettura romanica, risale a metà del XII secolo (1152) ma da allora è stata più volte ristrutturata, e in parte modificata, a causa di crolli e terremoti che nel tempo l’hanno danneggiata.
La sua Meraviglia però è rimasta intatta, quella abbacinante di sempre.
Ma non starò a raccontarvi la sua storia, e nemmeno vi parlerò di Don Luigi, lo splendido prete che se ne prende cura, fondatore e responsabile della Fraternità di Romena, o delle molteplici iniziative che si svolgono qui, come il bel concerto dedicato a Battiato che Simone Cristicchi e Amara hanno tenuto nel prato davanti alla chiesa poche settimane fa e che racchiuso in questa cornice di magia e misticismo è diventato ancora più prezioso.
Potrete scoprire tutto da soli e ne varrà la pena, fidatevi.
Io mi limiterò a farvi vedere un po’ di quella Bellezza, anche se, per quanto possa essere bravo con parole e immagini, e non lo sono, certe emozioni non ve le potrei comunque descrivere.
Anche queste vanno provate.
Ci vengo ogni volta che posso, al mattino, quando non c’è ancora nessuno e il sole basso entra dalle finestre dell’abside esposta ad est, illuminando l’interno con lame di luce che impreziosiscono ancora di più le suggestioni che questa chiesa evoca.
Entro, col rispetto che si deve a questa Meraviglia, cammino piano, e mi siedo su una panca, in un angolo.
Ognuno di noi ha bisogno di risposte.
Quelle che la vita ti chiede e quelle che insegui da sempre.
C’è chi le cerca invocando il suo dio e affidandosi a lui, avere fede rende le cose un po’ più facili, e chi prova a guardare dentro di sé.
Non quelle sui massimi sistemi dove tanto non conti niente, né sul dolore che affligge il mondo, per il quale, oltre ai sensi di colpa per non aver fatto di più, l’unico tuo potere resterà sempre e solo quello dei sogni.
Cerchiamo le risposte che possiamo dare, quelle dove la scelta tocca a noi, conta solo ciò che siamo e che facciamo, e la colpa non potrà essere di nessun altro.
Le cose piccole: imparare ad amare le persone che si amano, per esempio, perché amare, da solo, non basta mai, capire quando esserci o quando invece farsi da parte, le parole che servono per un amico che sta male, i gesti, quegli abbracci che siamo sempre troppo complicati nel chiedere e nel dare, il consiglio giusto per chi si fida di te e di te ha bisogno.
Tutte quelle risposte dove servono prima l’anima e poi il cuore, ancora prima della ragione.
Le cose piccole, del nostro piccolo mondo, quelle che diano un senso al nostro passaggio, e non lo rendano solo un inutile consumo di ossigeno.
Le più importanti.
Io vengo a cercarle qui, e credo che questo sia il mio modo di pregare: aspettare, dentro l’abbraccio di quel silenzio, che quella quiete così preziosa mi insegni a essere migliore, mi dia qualcuna di quelle risposte.
E anche se è una serenità ogni volta più rara, contaminata da un mondo malato che la rende scivolosa, sfuggente, difficile da provare, qui può succedere di viverla.
Non è molto, ma alla fine, come dice un tipo che conosco “di rado è abbastanza”.
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