SOLO UN FILM?

DI ORSO GRIGIO

REDAZIONE

 

Guardo poca tv, sarà il caldo.
Mi nutro solo di musica, da YouTube o dai miei scaffali. Vecchi concerti ovviamente, ma specificarlo mi sembra piuttosto inutile: mi ci vedreste a guardare Blanco, Ultimo, i Maneskin, o il duo meraviglia Mengoni-Elodie, per esempio? Ma nemmeno ubriaco fradicio, stordito da un’abbuffata di peperoni dietro un’impepata di cozze.
E parlo di nomi piuttosto alti, considerata la media…
Però c’è un film che ha attirato la mia attenzione: “Paradise”, una produzione Netflix descritta nelle info come “film di fantascienza, tedesco, thriller”.
Mi ha incuriosito quando ho letto le note, e l’ho guardato.
E’ un buon film, anche se non c’è Toni Servillo.
Ecco, volevo solo consigliarvelo e potevo anche chiuderla qui.
E infatti non vi dirò molto di più.
Odio chi spoilera e spesso anche chi recensisce in maniera troppo invasiva tanto per mettersi in mostra lui, tendendo a raccontare allo spettatore quello che proverà, o che dovrebbe provare.
Il Cinema, come la Musica, come la Fotografia e qualsiasi altra forma di Arte, è già un linguaggio: parla da sé. Non servono spiegazioni né didascalie: basta il titolo, e quando proprio non è inevitabile è di troppo pure quello.
Certo, come per tutti i linguaggi, un po’ di conoscenza di quella specifica “grammatica” può aiutare, ma certe emozioni si accenderanno comunque.
O non si accenderanno lo stesso.
Quindi, stavo dicendo.
La fantascienza è fra i miei generi preferiti, come se cercassi nuovi mondi migliori di questo, ma qui si parla del nostro, di mondo, e di una realtà distopica nella quale le persone in difficoltà possono vendere il proprio tempo ricevendo denaro per ogni anno della vita a cui sono disposti a rinunciare, mentre chi sta meglio di loro potrà acquistare quegli anni e ritrovare così la propria giovinezza.
Il proprio tempo come merce di scambio.
Se non del tutto originale, ricordo infatti un altro bel film con una tematica simile (“In Time”, del 2011), di sicuro per buona parte lo è.
E l’idea che propone è terribilmente inquietante, ancora di più alla luce di quella che ormai sta diventando una realtà sempre più spaventosa.
Sì perché noi, quel mondo dove i privilegi delle classi di potere vengono alimentati dai sacrifici degli ultimi, e dove i ricchi si nutrono della miseria dei poveri, lo stiamo già vivendo.
Certo, è così da sempre, ma era lecito sperare che il progresso e la civiltà, oltre all’intelligenza artificiale di stocazzo, sviluppassero anche quella naturale.
E magari anche un po’ d’umanità.
E invece.