PRIMARIE CASA BIANCA: REPUBBLICANI IN TV, VINCE TRUMP CHE NON C’ERA

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Trump in prigione, ma solo per poco. L’ex presidente in stato di fermo per aver tentato di sovvertire le elezioni in Georgia: gli sono state prese le impronte digitali e gli è stata fatta una foto segnaletica (quella in pagina è quella vera).
La sua presenza in carcere è durata una ventina di minuti perché, ha scritto il New York Times, i suoi assistenti avevano già precompilato tutti i moduli che servono in questi casi.
Trump è uscito dal carcere pagando una cauzione di 200 mila dollari. Qualche problema in più per i 18 coimputati-complici, primo tra tutti l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani.

Addirittura peggio per i concorrenti alle primarie repubblicane in gara con Trump. Ma solo per finta.

Povera America, poveri noi

Trump in carcere, ma di passaggio, concorrenti repubblicani in tv, ma anche loro di passaggio. Il primo dibattito televisivo (FOX Tv) da Milwaukee tra i possibili sfidanti repubblicani di Biden, ha mostrato al popolo americano perché Trump continui a ‘bullizzare’ il suo partito. Dietro l’ingombrante ex Presidente, infatti, nel vecchio GOP s’intravede solo una specie di desolato deserto dei tartari. Mercoledì, gli otto esponenti che dovrebbero correre alle Primarie, per ottenere la sospirata nomination a sfidante alle prossime elezioni per la Casa Bianca, hanno fatto una figura barbina. L’unico che è riuscito a spiccicare verbo (strafacendo) e a porre sul tappeto qualche questione politica, d’interesse più collettivo, è stato uno sconosciuto dal nome impronunciabile: Vivek Ramaswany. Il ‘masaniello’ della situazione, non avendo nulla da perdere, secondo i commentatori, è stato il più efficace di tutti i candidati. L’unico che abbia saputo ‘bucare’ lo schermo.

Mediocrità ed opportunismo

DeSantis? Ha svolto il suo compitino, stando bene attento a non affrontare mai argomenti scivolosi, a cominciare dalle disavventure giudiziarie di Trump. È stato questo, a parere di tutta la stampa americana, il succo di un’esibizione politica dove tutti hanno evitato di rivolgere critiche al loro pluri indagato collega di partito. Forse perché condividono la linea difensiva di Trump o sottoscrivono le logiche del ‘complotto politico’ ? Il motivo è più banale, ma anche molto più significativo e, anzi, costituisce un’utile indicazione di come stiano girando, in questo momento, i bussolotti dei sondaggi. Nessuno dei colleghi (e prossimi avversari alle Primarie) di Trump ha tanta voglia di mettersi contro di lui. I suoi margini di vantaggio, sulla depressa concorrenza, sono schiaccianti. Se non gli dovesse succedere qualcosa di ‘pesante’, sarà lui a sfidare Biden. Anche con qualche possibilità di batterlo. In sostanza, le incriminazioni hanno rafforzato la sua popolarità tra i Repubblicani.
Resta da vedere come reagiranno gli indecisi, il magma elettorale centrista, che si sposta in maniera imprevedibile e all’ultimo momento, specie negli Stati ‘oscillanti’ che si vincono o si perdono per un pugno di voti.

Trump tra Casa Bianca e carcere

Intanto, polls alla mano, la media RealClearPolitics assegna a Trump un lapidario 55,4%, con DeSantis fermo al 14% e la ‘sorpresa’ Ramaswamy che non va oltre il 7%. Seguono l’ex Vicepresidente Pence al 4%, Nikki Halei al 3,2% e, infine, Scott (3,1%) e Christie (3%). Con trend di questo tipo, assolutamente rigorosi e affidabili dal punto di vista statistico (vengono valutati e comparati oltre 30 diversi istituti di sondaggio), praticamente non c’è partita. Lo sanno alla Casa Bianca e lo sa, perfettamente, anche Trump. Che, infatti, ha completamente snobbato l’incontro con gli altri candidati, ritenendolo una inutile perdita di tempo. Si sta invece concentrando su come massimizzare, a livello mediatico, tutti i momenti pubblici delle sue disavventure giudiziarie. Un vero e proprio calcolo politico-elettorale. Più va avanti la procedura giudiziaria multipla contro l’ex Presidente e più diventa torrido, anzi, rissoso, il clima politico.

Rissa politico giudiziaria

Con i Repubblicani, che hanno la maggioranza alla Camera, decisi a mettere sotto inchiesta anche Biden, per gli affari condotti dal figlio Hunter. Certo, sul GOP pesa come un macigno la caterva di accuse scaricate su Trump e, in particolare, il ruolo avuto nell’assalto al Congresso il 6 gennaio del 2021. Furbescamente, Mike Pence durante il dibattito, ha cercato di smarcarsi, tornando a ricordare il suo intervento di ‘invito alla moderazione’, rimasto sostanzialmente inascoltato. DeSantis ha schivato il colpo, ribadendo che il Partito deve guardare al futuro e che il dibattito ha un senso se si parla del gennaio 2025 e non di ciò che è avvenuto nel passato.

Basso profilo e insulti

In verità, fermo restando il fatto che l’appeal politico di DeSantis non sembra più scaldare i cuori di molti elettori, la presenza di Ramaswany è stata la sola a vivacizzare minimamente un dibattito tra le ‘riserve fuori campionato’. All’inizio, la performance di Ramaswamy è stata contraddittoria, quando ha definito Trump «il miglior Presidente della storia americana». Ma poi è salito su un ottovolante di valutazioni politiche (dai cambiamenti climatici all’attacco alle Torri Gemelle) che hanno finito per disorientare chi lo ascoltava.

“Nel frattempo, Trump, sempre più sicuro dei cavoli suoi, si faceva intervistare da Tucker Carlson, come se tutti gli altri avversari di partito non esistessero. Beh, almeno in questo, forse ha avuto ragione lui”.

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

25 Agosto 2023