SONO SENZA VERGOGNA

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

La sensazione che si fosse fatta giustizia nel mondo dello sport, con le atlete ucraine punite da regolamento per aver rifiutato di stringere le mani delle colleghe russe, è durata un battito di ali. La Federazione Internazionale Scherma (FIE) ha già riammesso Olga Kharlan, espulsa e squalificata dai campionati mondiali in corso a Milano per aver rifiutato di stringere la mano di Anna Smirnova, la concorrente russa che aveva appena sconfitto.

Dalla naturale applicazione di un regolamento inflessibile, che non dà spazio ad alcuna interpretazione bonaria (l’atleta che rifiuta di stringere la mano all’avversario al termine dell’incontro viene sanzionato con il cartellino nero, dichiarato sconfitto, escluso dal torneo e sospeso per due mesi da ogni competizione), nel giro di poche ore si è passati al riconoscimento, da parte della stessa FIE, della buona fede della schermidrice ucraina: veramente credeva fosse ancora in vigore quel protocollo Covid che in pendenza di pandemia prevedeva l’alternativa del saluto all’arma!

Il problema è che questo cambiamento repentino di posizione è arrivato dopo la protesta del governo ucraino, che senza minimamente citare il protocollo Covid aveva definito «vergognosa» la decisione della FIE, colpevole soltanto di aver applicato un regolamento che fino a ieri nessuno aveva mai osato mettere in discussione.

Non che questa dichiarazione abbia scomposto più di tanto la FIE, che di ciò che pensa il governo ucraino non gliene può fregare di meno. Ancor meno di quello che passa per la testa del ministro per lo Sport Andrea Abodi, compresa la sua richiesta di chiarimenti.

A provocare il dietrofront è stato il Comitato Internazionale Olimpico (CIO), il massimo organo di governo mondiale dello sport, i cui membri sono scelti dallo stesso CIO per cooptazione. Per capire il rapporto sostanzialmente gerarchico che lega le varie FIE al CIO, basti pensare che il CIO riconosce di volta in volta le singole federazioni, e può revocare il riconoscimento in ogni momento.

Perciò, possiamo immaginare la faccia dei componenti della FIE, subito dopo aver sanzionato Olga Kharlan, quando hanno letto il messaggio di saluto del CIO all’atleta ucraina, scritto di proprio pugno da Thomas Bach, il presidentissimo: «Il CIO ti garantirà un posto per le Olimpiadi di Parigi 2024 nel caso in cui non riuscissi a qualificarti», scrivendo nel contempo allo stesso FIE e pretendendo «comprensione» per l’atleta ucraina. In quel momento, la Kharlan era già fuori da ogni competizione a causa della squalifica appena inflittale dalla FIE.

La «comprensione» verso l’atleta che calpesta pubblicamente un regolamento, gettando nel pubblico ludibrio l’avversaria colpevole di essere nata in Russia, equivale all’affossamento dello Stato di Diritto. Lo stesso organo che ha scritto la regola (CIO) impone ad un organo subordinato (FIE) di non rispettarla. Per giunta, lo pressa affinché attui il comportamento che la stessa Carta Olimpica, concepita e scritta proprio dal CIO, considera il più nefasto: la discriminazione nello sport per motivi nazionali, etnici, religiosi, di sesso o di razza.

E allora, quali perplessità potrebbe sollevare la dichiarazione del presidente del Comitato Olimpico Nazionale della Federazione Russa Stanislav Pozdnyakov: «La dichiarazione in questione indica che il CIO ha scelto una posizione nel conflitto politico, iniziando ad agire nell’interesse di una parte. L’olimpismo viene ufficialmente reso uno strumento controllato dall’esterno nell’interesse di un ordine geopolitico per neutralizzare i nostri cittadini e le nostre organizzazioni sportive».

Qualcuno se la sente di dargli torto?