DI ALFREDO FACCHINI
Droni, elicotteri, blindati, ruspe.
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In un silenzio assordante Israele sta annientando il campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania sotto occupazione dal 1967.
In tremila hanno già lasciato il campo. Mentre è salito a 10 il numero dei palestinesi uccisi. Oltre cento i feriti.
Dall’inizio dell’anno in Cisgiordania sono stati uccisi circa 130 palestinesi.
Israele ha scatenato su Jenin la più violenta operazione militare su larga scala da almeno 20 anni in Cisgiordania.
Iniziata nella notte tra domenica e lunedì, l’offensiva – che l’estrema destra israeliana invocava da tempo – si è concentrata soprattutto sul campo profughi, dove abitano circa 14 mila persone in meno di mezzo chilometro quadrato.
Gli israeliani sono a caccia di terroristi, così dicono, ma l’attacco su Jenin avviene nelle stesse ore in cui in Israele riprendono le proteste contro la riforma della giustizia, voluta dal primo ministro Netanyahu.
Il disegno presentato dal governo mira a limitare il potere dei giudici della Corte suprema per affrancare Netanyahu dai numerosi procedimenti giudiziari in cui è coinvolto.
Coincidenze?