IL GENIO OCCULTO

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Non basterebbe un tomo di mille pagine per spiegare chi è stato Silvio Berlusconi. In milioni l’hanno odiato, ma altrettanti l’hanno osannato, il più controverso personaggio della storia della Repubblica.

L’aspetto principale di Berlusconi, e al tempo stesso quello più curioso, è essere stato un ossimoro vivente. A fronte di indiscutibili meriti, manifestati per decenni nel campo dell’imprenditoria italiana, ha spesso ostentato ignoranza e debolezza, che hanno travalicato i confini nazionali.

A 35 anni concepisce un quartiere come Milano Due. Un modello di sviluppo residenziale che prevede parchi, strade pedonali e piste ciclabili che quasi mai intersecano le vie veicolari. Un antesignano del green. Si cura di telefonare personalmente a tutti gli acquirenti delle case per saggiarne il gradimento, chiedendo suggerimenti su come migliorare gli annessi servizi.

Ma il vestito del palazzinaro gli sta stretto. Vuole di più. Così, decide l’avventura della televisione commerciale. La strada gli viene spianata da una sentenza della Corte Costituzionale del 1976, che consente anche ai privati l’esercizio dell’editoria televisiva, fino ad allora riservata in via esclusiva allo Stato, cioè alla Rai.

Può però trasmettere soltanto a livello locale e in differita. Crea la Fininvest, installando ripetitori su tutto il territorio nazionale. E per spezzare il monopolio Rai, ha un colpo di genio. Concepisce il sistema della interconnessione funzionale: ogni sua televisione locale inserisce la stessa vhs preregistrata, trasmettendo il medesimo programma alla stessa ora in tutte le regioni.

La magistratura non ci sta. Ravvisa l’aggiramento della Legge n. 103 del 1975, che consente solo alla Rai di trasmettere a livello nazionale. I pretori di Pescara e di Roma gli oscurano le televisioni.

Ma Berlusconi vanta ottimi rapporti con Bettino Craxi, che allora vive l’apice della sua carriera politica. Ci pensa lui in pochi giorni a risolvere il problema con appositi e reiterati decreti, fino ad arrivare alla legge Mammì del 1990, che legalizza la situazione di fatto. Fininvest diventa a tutti gli effetti concorrente della Rai.

Anche nel calcio è un vincente. Salva il Milan dalla bancarotta e gli fa vincere cinque Champions League, tante quante ne hanno vinte insieme Inter e Juventus dalla nascita della competizione.

Da presidente del consiglio non è tenero con chi gli si oppone. Emblematico il famigerato editto bulgaro, quando, nel 2002, nel corso di una conferenza stampa a Sofia, dichiara che è preciso dovere della dirigenza Rai evitare che personaggi come Luttazzi, Santoro e Biagi facciano un uso criminoso della tv pubblica. I suddetti verranno cacciati nel giro di poche settimane, pur registrando ascolti da capogiro.

Non è mai stato un amico della UE. Nel 2003, al Parlamento di Strasburgo, quando l’Italia ha la presidenza di turno, dà del kapò al tedesco Martin Shultz, leader dell’SPD, che gli aveva chiesto conto del suo conflitto di interessi da presidente del consiglio e proprietario di tre televisioni nazionali private. Mentre tesse le lodi della democrazia italiana, in aula si alternano gelo e risate.

Accoglie con ironia l’elezione di Obama, sottolineandone la natura di uomo bello, giovane e abbronzato. E al primo incontro ufficiale, quando Obama gli presenta la moglie, gesticolando in pratica le dà della bonazza.

Nella vita privata è un mezzo disastro. Ha un debole per le donne, soprattutto quelle giovani, che approfittano della sua indubbia generosità per migliorarsi l’esistenza. Il tutto viene reso pubblico. La magistratura lo attacca anche su questo, ma senza mai ottenere risultati apprezzabili, a parte quello di sputtanarlo. L’unica vera condanna definitiva è quella per evasione fiscale, che lo obbliga alle dimissioni da senatore.

Insomma, un genio con tanti limiti e troppe debolezze.

Ma se c’è un’accusa che non gli si può rivolgere, è quella di essere un guerrafondaio. Si oppone con tutte le forze alla distruzione della Libia, voluta da Sarkozy e Obama. Ma alla fine deve cedere, almeno parzialmente, alle pressioni anche di Napolitano, che accodandosi a quei potenti vuole Gheddafi morto. Agli occhi dell’Occidente la sua affidabilità si riduce a zero. Da quel momento, inizia il suo declino politico.

Negli ultimi mesi critica aspramente l’appoggio armato all’Ucraina, denigrando Zelensky e sottolineando la necessità di un dialogo con Putin, creando così un forte imbarazzo nella compagine governativa, supina ai voleri della Nato.

Personalmente, guardando il baratro che si è aperto, preferisco ricordarlo per questo, dimenticandomi il resto.