QUELL’EMENDAMENTO VOLUTO DA CARLO NORDIO

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Un bavaglio ma al tempo stesso un abbaglio. Potrebbe definirsi così l’emendamento alla legge di recepimento di una direttiva UE, che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, fortemente voluto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e approvato ieri alla Camera. Un attacco, anche se solo virtuale, alla libertà di informazione, unito ad un clamoroso fraintendimento della direttiva europea del 2016 in tema di presunzione di innocenza.

Le ordinanze di custodia cautelare contengono i motivi per cui un GIP, in pendenza di indagini, decide di spedire in carcere qualcuno che l’ha fatta grossa. Queste ordinanze sono sempre state ritenute utilizzabili dai giornalisti, beninteso quando riguardino personaggi o fatti di interesse pubblico.

Secondo il nuovo testo non lo saranno più, almeno fino al termine delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, insomma fino a poco prima dell’inizio del processo vero e proprio. Se verrà arrestato qualcuno di importante, nessuno potrà sapere il perché, a meno che qualche temerario giornalista non si avventuri nel presentare quelle che alla fine potrebbero rivelarsi pure illazioni.

Ma guardiamo alla parte demenziale della faccenda. L’onorevole Enrico Costa, di Azione, aveva presentato un emendamento mirante a vietare la pubblicazione integrale, parziale o per estratto, delle ordinanze di custodia cautelare «in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva UE del 2016 sulla presunzione di innocenza».

Sarebbe interessante incontrare l’onorevole Costa e chiedergli cosa intende per «coerenza». Perché se parlasse di un ipotetico collegamento tra il suo emendamento e i citati articoli della direttiva UE, rimarrebbe da verificare la sua faccia seria.

La Direttiva UE del 9 marzo 2016 sulla presunzione di innocenza impone agli Stati membri di adottare una legislazione che vieti ad autorità come PM, organi di polizia, ministri, di rilasciare dichiarazioni pubbliche che presentino l’indagato come fosse già colpevole. Un principio di civiltà, certo. Ma cosa c’entri questo con l’ordinanza di custodia cautelare, dove un giudice, facendo il suo lavoro, segue un iter logico per arrivare alla conclusione che un individuo va arrestato, probabilmente non lo sa nemmeno l’onorevole Costa.

La direttiva UE vuole evitare che un individuo venga additato da organi pubblici in contesti che non rientrano nell’esercizio delle loro funzioni. Invece, l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare rappresenta proprio la funzione tipica del giudice. Insomma, un clamoroso fraintendimento della normativa europea, al quale qualsiasi giudice potrebbe ovviare, disapplicando la norma voluta dall’onorevole Costa, proprio perché in contrasto con il diritto UE.

In ogni caso, stiamo parlando quasi del nulla, perché l’eventuale pubblicazione di ciò che l’emendamento Costa vorrebbe non divulgato, sarebbe punibile dall’art. 684 del codice penale con una multa di 51 Euro o poco più.

Quindi fa ridere chi, volendo difendere l’operato della attuale maggioranza, elogia la normativa come fosse un baluardo contro i tritacarne mediatici. Ma se non vi è da ridere quando l’opposizione parla di colpo mortale alla libertà di informazione, si tratta di affermazione azzardata. Il colpo c’è, ma è del tutto virtuale.

Va però considerato che simili norme di certo non aiutano l’Italia a scalare la classifica mondiale della libertà di stampa, annualmente stilata da Reporters Sans Frontières, che la colloca al 43° posto, dietro a paesi come Giamaica, Isole Samoa, Namibia, Lettonia, Ghana, Burkina Faso, Papua Nuova Guinea e Taiwan. E questo ennesimo approccio normativo non farà che peggiorare la situazione, essendo l’Italia tallonata dal Botswana e dall’isola di Tonga.