NATI LIBERI

DI ORSO GRIGIO

REDAZIONE

 

 

Se siete stati attenti dovreste già sapere della mia enorme stima nei confronti di Crepet.
Tuttavia lui non è l’unico depositario di verità: ci sarebbe anche Morelli.
No, non Leano, il cantante di “Nata libera”, bensì Raffaele: “psichiatra, psicoterapeuta, filosofo e saggista italiano”, come recita Wikipedia.
Un sacco di cose, insomma.
Un grande ‘sapone’.
Recentemente si è esibito da par suo rivelando a noi miseri e tapini una delle verità che detiene e che adesso vorrei condividere con voi nel caso imperdonabile in cui l’aveste persa.
Vi risparmio il video di questa enunciazione, ma la trascrizione è letterale. Fidatevi.
Ora immaginatelo mentre declama cotanta sentenza col tono, duro e saccente anziché no, di chi non ammette repliche.
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“I figli imparano da un padre non che sta con loro ma da un padre che dà tutto sé stesso per la passione del lavoro – dottore io prendo tutti i giorni il treno da Torino per stare con mio figlio…- ma siamo sicuri che suo figlio vuole giocare con lei? Sono tutte idiozie omologate. Nella vita conta più di tutto, per le donne e per gli uomini, non l’amore, non i figli, ma il lavoro.”
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E’ chiaro?
Non conta l’amore, non contano i figli. Conta il lavoro.
Quindi i figli non vogliono giocare con te, passare del tempo insieme. Non hanno bisogno della tua presenza, di una carezza mentre gli rimbocchi le coperte, di un po’ d’amore. No, loro vogliono vederti realizzato nel lavoro, altrimenti si piccano, ti picchiano con la scatola del Lego e ti tirano il trenino sui denti.
Ma certo! Il mondo di Morelli è quello dove la gente fa il lavoro che gli piace, poi torna con la sua bella macchina nella sua bella casa, è ben pagato, vive bene, può divertirsi, curarsi, comprare la casa ai figli dopo averli fatti studiare, magari all’estero, e poi averli sistemati perché ovviamente ha il potere e le conoscenze giuste.
E’ quella roba lì, il mondo incantato dove basta crederci e i sogni si realizzano, mica quello di miserabili pezzenti che si alzano alle quattro di mattina per salire su un treno puzzolente e poi passano le giornate a stringere bulloni, arrampicati su qualche impalcatura, o persi in qualche ufficio a fare un lavoro di merda agli ordini di incapaci che incolonnano i numeri in Excel e poi li sommano con la calcolatrice del telefonino.
E’ un mondo di frutta candita, per dirla con Morandi, dove bastano la volontà e il merito e vedrai che i risultati arrivano, non quello rabberciato di un branco di falliti che non ce l’hanno fatta e sono ancora in cerca delle bestemmie giuste che definiscano la loro vita sbagliata.
Certo, Morelli direbbe che certi sfigati non ci hanno creduto, che non hanno lottato abbastanza, che non hanno saputo impadronirsi della propria vita.
E in parte avrebbe ragione.
Ma può anche essere che abbiano trovato guasto il distributore della fortuna, oppure che gli manchino i mezzi e le capacità per fare di più.
Non si nasce tutti psichiatri di successo, altrimenti non esisterebbero gli psichiatri di successo.
Si nasce anche dal culo, a volte, e tocca accontentarsi di quello che si è.
E che si ha.
E poi c’è ancora una cosa, che il sentenziante Morelli non sembra contemplare: che non si tratti di sfigati ma più semplicemente di gente che ha fatto scelte diverse, e che intenda il lavoro solo un mezzo per poter vivere dignitosamente, ma relegandolo, nella scala dei valori della propria vita, al posto che gli spetta: più o meno l’ultimo, di sicuro dopo i figli, sé stessi e i sentimenti.
Un mezzo, non un fine.
Solo uno strumento, non una pira ardente sulla quale immolarsi e alla quale sacrificare tutto.
Questi altrimenti detti ‘sfigati’ non coltivano ambizioni di carriera, non cercano di fregare un collega magari più bravo di loro, non leccano culi, non si prostrano per un aumento di stipendio. Hanno altre prospettive, altri sogni: passare del tempo con i figli, per l’appunto, uscire a guardar crescere i fili d’erba dopo la pioggia o accartocciarsi le lumache, fare fotografie, ascoltare musica, guardare un film, prendere un caffè e fare due chiacchiere con gli amici, cazzeggiare. Giocare con il proprio tempo, non esserne schiavi, e fare della propria vita il cazzo che vogliono, per usare un termine scientifico.
E magari distinguere fra i Maestri, quelli veri, e certi pifferai o guru che ti spiegano quali obiettivi dovresti perseguire e come essere felici, perché cercano di scoprirlo da soli.
Per carità, io non metto certo in dubbio l’importanza della psicologia e della psichiatria, e poi ognuno ascolti pure chi vuole, com’è ovvio.
Solo che come Morelli preferisco Leano, il cantante di “Nata libera”.