FINE DEL GIORNALISMO

DI ANTONIO CIPRIANI

REDAZIONE

 

 

Nei giorni scorsi il decadimento del giornalismo è stato misurato in lungo e largo attraverso la lente di una notizia apparsa ovunque, molto ma davvero molto farlocca.
Capace però di produrre una montagna di polemiche sul giornalismo degli anni ‘20 e, di conseguenza, capace di partorire un topolino informativo.

Per qualche giorno le truppe del commento social hanno lasciato i porti sicuri delle chiacchiere sulle primarie del Pd, delle promesse meloniane, della bontà musicale dei Maneskin e del tifo in tempo di guerra per avventurarsi sull’analisi dell’informazione che, ahimè, non verifica le notizie.
Cioè non verifica le notizie quando si tratta di fare due più due incrociando orari di treni e costi di viaggi. Invece su tutto il resto sarebbe utile capire il livello di verifica. Il controllo sulle fonti. Anzi, sarebbe bello conoscere esattamente su quali fonti si basa l’informazione che abbiamo

Le fonti

Per esempio il mio sogno sarebbe quello di avere alla fine di ogni pezzo le fonti che hanno ispirato il lavoro del giornalista. Per capire con chi ha parlato, se ha parlato con qualcuno; dove ha preso il virgolettato, se dall’agenzia o da un comunicato stampa. Per capire quanto incidono gli uffici di pubbliche relazioni delle aziende sulla costruzione del prodotto informativo. Sarebbe bello. Come sarebbe bello avesse spazio un sano e puro giornalismo da strada, che possa avere come fonti lo sguardo, l’incontro, la conoscenza diretta, o quella dovuta allo studio.

La domanda che sorge spontanea però è questa: ma il giornalismo delle scarpe consumate dalla ricerca della notizia è davvero funzionale ai giornali? E lo è l’approfondimento che necessita tempo e studio? Oppure – e lo dico per esperienza diretta – queste forme sono state ampiamente scalzate dalla logica delle agenzie di stampa e dei comunicati stampa? A che serve cercare la notizia se poi vale meno di una conferenza di un potente?

Vero o verosimile

Quindi? Mi chiede incuriosito il barbiere anarchico. Quindi vero o verosimile vale lo stesso. E il mondo delle fake news contro il quale tutti lottano non è così lontano dal quotidiano incedere dell’informazione assillata dalla crisi e dal livello zero delle verifiche e da quello altrettanto basso delle conoscenze specifiche. E corrosa dall’assenza di notizie scortesi e scomode.

Viaggiamo verso il disastro come la bidella avanti e indietro sul treno? Chiede ancora il mio amico, mentre scolpisce michelangiolescamente una barba finta. Non da adesso, amico mio. Non cadiamo sempre dalle nuvole per poter pensare che prima era diverso, era meglio, c’era una professionalità che oggi per un destino cinico e baro non c’è più. Invece mi pare che il sistema sia lo stesso da decenni (vale per la cultura, per la politica, per i media). Si sta solo evolvendo.
Niente di buono sotto il cielo. Ieri come oggi. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Ps

Sarebbe bello discuterne e potrebbe essere uno spunto interessante per un dibattito, dal vivo, magari senza quella decina di soliti noti a discettare su tutto e, quindi, anche sul senso dell’informazione e della realtà vissute da lontano. Il titolo potrebbe essere: “Fine del giornalismo” e come sottotitolo: scopi e rischi di un mestiere”. (Ennio, lo organizziamo un dibattito del genere?)
Che ne pensate dell’ambiguità insita nel titolo: Fine del giornalismo?

 

Articolo di Antonio Cipriani, dalla redazione di

22 Gennaio 2023

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ANTONIO CIPRIANI

Giornalista con una vocazione per il lato oscuro delle storie ufficiali, dopo una lunga esperienza all’Unità ha studiato e realizzato progetti editoriali che avessero al centro la democrazia dell’informazione. Ha partecipato alla costruzione di E Polis, di DNews e di Globalist syndication. Stagione professionale chiusa, si sta dedicando a nuovi idee. Dopo aver contribuito all’invenzione del progetto editoriale-artistico Emergenze, il cui collettivo ha dato vita all’Edicola 518, ha realizzato la rivista artistica e rurale Magnifica Terra e ha fondato Vald’O, la vineria letteraria a San Quirico d’Orcia. Crede nel giornalismo di strada e nei progetti territoriali, culturali, artistici e narrativi, soprattutto con giovanissimi e pensionati.