LATINA CITTA’ INVISIBILE, DOVE TRA L’AMORE E LA VIRTU’ ARRIVA LA LEGGE SERVIREBBE GIUSTIZIA

DI LIDANO GRASSUCCI

 

Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino, le città invisibili.

La mia città non è mai stata neanche avvistata, pirati e mercanti l’hanno sfiorata. Taluni di questi interessati naviganti hanno usato i suoi bordelli pensando fossero servizio gratuito per i famelici malfattori o per truffaldini venditori di niente. La mia città non ha Signore, non ha Vescovo, non ha Doge, Sindaco ha “prepotenze”, ha coloro che si sentono potenza prima non avendo forze per dopo.

La mia città, caro Kubalai Khan, è fatta di materia molle, una materia dove ogni forma è possibile tranne la sua. Ora due passanti ne rivendicarono ragione. Il primo in nome di una storia  d’amore e tutti gli altri non sanno amare, il secondo per ricerca di virtù che son degne di santi e empi gli altri.

Contarono i tifosi dell’uno e dell’altro e non si riusciva a contarli: gli amanti e i virtuosi si scambiavano il passo dal primo posto, chiesero ad un giudice di dirimere il fatto, evitarono i filosofi, i librai, i fantasiosi. Cercarono ragione nella Legge

La Legge, ha dentro mille versioni e altezze diverse

Mi diceva “Vostro Onore”
E di affidarli al boia
Fu un piacere del tutto mio
Prima di genuflettermi
Nell’ora dell’addio
Non conoscendo affatto
La statura di Dio

Fabrizio De Andrè, un giudice

La Legge disse per bocca pura che ogni cosa aveva la sua misura e che bisognava ricontare i passi. Senza specificare i passi di chi.

Quello dell’amore contava i passi di tango, quello della virtù i passi fatti in ginocchio e i conti non tornavano, non combaciavano, non si volevano incamminare per la strada verso il mare.

La città era in questa contesa dimenticata e sola, aveva perso l’allegria di urlare in piazza, di danzare lungo i canali e una guardia fece la multa ad una ragazza che aveva baciato un ragazzo che aveva ricambiato.

Era la Babele e nessuno cantava più, ma la Legge regnava sovrana, la legge delle città morte.

Ma al proprio destino nessuno gli sfugge
cercavi giustizia ma trovasti la Legge.

Francesco De Gregori, il bandito e il campione

Nella foto Italo Calvino

Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra (Le città invisibili)

8 Luglio 2022