NEGLI USA LA “CANCEL CULTURE” ELIMINA CRISTORO COLOMBO

DI MICHELE MARSONET

Per quanto strano possa sembrare, gli Stati Uniti d’America stanno diventando un Paese in cui la libertà di pensiero e di parola è sempre più in pericolo. E uso il termine “strano” proprio perché, da sempre, siamo abituati a pensare l’America come il Paese in cui tale libertà è invece garantita integralmente, caratteristica che la rende – o, forse, la rendeva – il principale avversario dei tanti regimi autoritari che oggi esistono nel mondo.
Com’è noto, tale situazione è una conseguenza diretta della prevalenza spesso asfissiante del politically correct nella cultura americana. Da quando in molti ambienti intellettuali si è diffusa la convinzione che soltanto alcune idee siano per l’appunto “corrette”, e che quelle non in linea vadano semplicemente eliminate, si è verificata una deriva illiberale che, sotto certi aspetti, può anche essere definita “autoritaria”.
Per fortuna le pulsioni autoritarie riguardano, per ora, soltanto il mondo universitario e della cultura in genere. Non hanno finora coinvolto l’assetto politico e istituzionale della nazione, che resta fermamente democratico con libere elezioni e l’alternanza al potere di partiti tra loro in competizione per conquistare il consenso degli elettori.
Tuttavia, ciò che sta accadendo oggi negli Usa induce a essere pessimisti. In altre parole è opportuno chiedersi se l’America di domani sarà ancora un Paese – come quello che abbiamo conosciuto – in cui a ognuno viene garantita la libertà di parlare e di scrivere ciò che vuole, per quanto dissonanti le sue idee siano rispetto a quelle di chi sta cercando di imporre, e con successo, un “pensiero unico” dai cui canoni non è lecito derogare.
Il fatto è che l’epicentro di questo mutamento epocale è proprio il mondo accademico. Vi sono dei docenti italiani che, quando parlano di Harvard, Princeton o della Columbia University, lo fanno con toni ieratici, e i loro occhi contemplano in quel caso un mondo di perfezione, nel quale il merito vince sempre e il dibattito fluisce libero, spontaneo e diretto come si presume avvenisse nell’Accademia platonica.
La realtà, però, è ben diversa, e sono tanti gli episodi che lo dimostrano. A Harvard agli studenti conservatori la libertà di parola non è concessa. Essi rappresentano una esigua minoranza e avrebbero bisogno di uno sponsor che concedesse aule per organizzare convegni e dibattiti. Non vi sono tuttavia direttori di dipartimento e presidi di facoltà che si assumano una simile responsabilità poiché, se lo facessero, subirebbero contestazioni violente e rischierebbero pure di perdere la loro posizione istituzionale.
A Princeton alcuni coraggiosi hanno tentato di impedire che il nome di Woodrow Wilson, rettore dell’ateneo nel primo scorcio del ’900, venisse rimosso da facoltà e dipartimenti. Ma gli studenti, appoggiati dalla maggioranza del corpo docente, l’hanno avuta subito vinta. Il risultato è che il nome di questo presidente, da sempre icona del progressismo americano, è sparito da Princeton, quasi fosse stato un criminale.
Nei campus Usa ormai si può solo parlare di alcuni argomenti mentre altri sono tabù, e negli gli stessi insegnamenti si segue fedelmente questo trend. La qualità dell’istruzione ovviamente ne risente, e chissà se in futuro i prestigiosi atenei dianzi menzionati continueranno ad occupare i primi posti nelle classifiche mondiali. Classifiche peraltro elaborate in Cina, anche se molti non lo sanno.
L’ansia di cancellare il passato riguarda anche Cristoforo Colombo. Il 12 ottobre ricorre il 528° anniversario della scoperta, poiché il navigatore genovese approdò nel continente americano proprio quel giorno del 1492. A quella data, tra l’altro, si fa anche risalire convenzionalmente l’inizio dell’Età Moderna. La comunità italo-americana ha reso il “Columbus Day” celebrazione nazionale negli Usa. Ora la si vorrebbe cancellare sostituendola con la festa dei nativi americani.
La Niaf (National Italian American Foundation) ha cercato di opporsi ma con scarsi risultati. Molte statue e monumenti dedicati a Colombo sono stati imbrattati o addirittura abbattuti, e parecchie sono le città americane che si sono autoproclamate “Columbus Day Free”. L’immagine tradizionale degli Usa viene così stravolta, giacché la storia passata degli Stati Uniti viene interpretata e giudicata con schemi concettuali tipici dei nostri giorni.
Ma un’America dominata dal pensiero unico non è più l’America, e rischia di assomigliare sempre più al suo principale competitor strategico: la Repubblica Popolare Cinese. Negli anni ’60 del secolo scorso Allan Bloom scriveva che all’università spetta la ricerca della verità e la lotta contro le false credenze, e che non può invece essere il luogo della sperimentazione democratica come volevano gli studenti di quel periodo. Parole profetiche, che allora vennero ascoltate mentre oggi sono cancellate senza remore.