PER ISRAELE L’IRAN RIMANE IL PERICOLO NUMERO UNO

DI LUCIANO ASSIN

nostro corrispondente da Israele

 

E’ stata pubblicata in questi giorni una lunga e minuziosa intervista con il Generale di Brigata Dror Shalom, comandante uscente del Dipartimento di Ricerca del Servizio informazioni dell’esercito israeliano. L’intervista è apparsa sul diffuso e autorevole quotidiano Yedioth Hahronot a firma del giornalista Yossi Yehoshua.

Shalom è stato a capo del Dipartimento negli ultimi cinque anni, ed ha un’esperienza di oltre trent’anni nel settore. Per l’alto ufficiale israeliano, ormai al termine della sua carriera militare, non ci sono dubbi: il pericolo maggiore per Israele rimane l’Iran e le sue diramazioni rappresentate da Hamas, Jihad islamica palestinese e Hezbollah.

Secondo il suo parere il regime degli Ayatollah, nonostante una pesantissima crisi economica dovuta all’embargo americano ed europeo, non è ancora capitolato, e la sua decisione strategica di fornirsi di un armamento nucleare rimane invariata. In questo momento gli iraniani si tengono volontariamente al di sotto della soglia del 20% di uranio arricchito, limite considerato dagli USA un casus belli, e si stanno concentrando principalmente sulla ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie. Secondo le informazioni in possesso all’intelligence israeliana, una volta presa la decisione di passare alla fase operativa, gli iraniani potrebbero dotarsi di ordigni nucleari nell’arco di due anni.

Il compito dell’Aman (l’acronimo ebraico di Dipartimento informazioni) non consiste solamente nell’acquisire informazioni sugli armamenti dei paesi monitorati, ma di analizzare differenti scenari: la situazione economica e sociale, i rapporti con le super potenze, gli equilibri politici della regione e fornire una scheda personale di tutti i loro principali leader, analizzando il loro comportamento ed il loro modus operandi.

L’Iran non confina direttamente con Israele, di conseguenza agisce per conto terzi. Gli sciiti di Hezbollah in Libano, Hamas e la Jihad palestinese nella striscia di Gaza. Attualmente Hezbollah si trova in un periodo di grande imbarazzo dovuto alla micidiale deflagrazione avvenuta nel porto di Beirut il 4 Agosto scorso, della quale è considerato il principale responsabile. Inoltre l’intelligence israeliana ha rivelato la presenza di altri depositi di armi ed esplosivi all’interno della capitale libanese, sottolineando una volta di più la delicata situazione nella quale si trova il Paese dei cedri. Il generale israeliano definisce Hassan Nasrallah, l’indiscusso leader del “partito di Dio”,  una persona “sotto stress, sospettosa e circondato da collaboratori di cui non si fida”.

Anche Hamas si trova ai minimi storici, la situazione economica all’interno della striscia di Gaza continua ad essere critica, per l’ufficiale israeliano l’interesse è quello di mantenere la situazione attuale e legare un possibile sviluppo economico all’abbandono della lotta armata nei ruguardi dello Stato ebraico. La rioccupazione della Striscia non dovrebbe essere presa in considerazione, soprattutto se non è chiaro chi possa essere il sostituto. Hamas deve decidere fra il bastone (la pressione economica) e la carota (lo sviluppo economico ed un maggior benessere). Gli abitanti di Gaza sanno che in Cisgiordania il livello di vita è infinitamente migliore, Hamas dovrà decidere quale posizione adottare, o mantenere l’attuale status quo o aumentare la tensione fino ad arrivare ad una situazione di conflitto armato.

In Cisgiordania, continua l’analisi israeliana, bisogna assolutamente continuare a sostenere l’ANP ed evitarne la sua implosione. In questo momento l’equilibrio esistente è dovuto a tre fattori: la presenza dell’IDF, la soddisfacente situazione economica e la collaborazione fra i rispettivi  servizi predisposti alla sicurezza interna. Chi non ha ancora visto la fiction israeliana “Fauda” è invitato a farlo, se non altro per avere una prima infarinatura sui rapporti di forza esistenti.

Nonostante gli accordi di pace firmati con gli EAU, il brigadiere generale israeliano sa che senza una soluzione del problema palestinese i rapporti col mondo arabo rimarranno sempre fragili e tesi , seppure in modo latente. Il problema palestinese continua a formare il minimo comune multiplo all’interno del mondo arabo, anche se attualmente è passato in secondo piano. Sotto la fragile crosta dei recenti accordi di pace e di collaborazione bolle un odio anti israeliano mai sopito.

In una delle frasi finali dell’intervista Dror Shalom descrive il Medio Oriente come “Jobless, homeless e hopeless. Il ceto medio quasi non esiste e la posizione della donna continua ad essere marginale” tutti fattori che rendono la situazioni perennemente incerta.

 

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