DI ALFREDO FACCHINI
E’ la stampa, bellezza
Roma. Convegno “La storia stravolta e il futuro da costruire”, organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dal Cnel di Renato Brunetta.
Prende la parola Incoronata Boccia, direttrice dell’ufficio stampa Rai. Con voce ferma, indignata, dichiara:
“Si è parlato spesso del cinismo e della spietatezza dell’esercito israeliano. Eppure non esiste una sola prova che siano state sventagliate mitragliate contro civili inermi. Tutto questo è stato raccontato senza alcuna verifica delle fonti. Vergogna, vergogna, vergogna.”
Eccola, la direttrice della comunicazione del servizio pubblico che liquida la carneficina di Gaza come fosse una messinscena. Che tratta i massacri come fiction, gli ospedali bombardati come regia. Una dichiarazione di guerra alla verità.
Con Gaza è crollata la maschera dell’informazione. Ciò che per anni è stato venduto come pluralismo e libertà di stampa si è rivelato per ciò che è: un apparato di copertura. Organizzato, ramificato, efficiente. Non per informare, ma per neutralizzare.
Dal 7 ottobre 2023
TV, giornali e piattaforme hanno parlato con la stessa voce: “Pogrom.” “Tutto è iniziato il 7 ottobre.” “I tagliagole di Hamas.” “La sicurezza di Israele.”
Un linguaggio prefabbricato, sterilizzato, pronto all’uso. La propaganda come forma dell’informazione. Mai un accenno ai palestinesi, al 1948, ai tanti “7 ottobre” che hanno subito.
Giorno dopo giorno, la macchina del racconto ha coperto, limato, attutito, fino a rendere l’orrore presentabile, la menzogna credibile, l’assassinio legittimo.
Non è servita censura
La sottomissione è diventata cultura professionale. I giornalisti non hanno taciuto per ordine, ma per istinto di sopravvivenza in una corporazione che punisce chi esce dallo spartito.
Così l’omertà si fa professionalità. La versione ufficiale entra nelle dita che battono la tastiera. Diventa stile, automatismo, riflesso.
Intanto il potere se la ride
Dal Quirinale al governo, tutti sanno di poter contare su una stampa che li protegge e li assolve dalle complicità con uno Stato assassino come quello di Tel Aviv.
È una complicità reciproca: i media offrono copertura, i palazzi offrono accesso e riconoscimento.
Poi, nel genocidio, è arrivata la carestia
I bambini morti di fame. Le madri che raschiano le briciole dalle padelle. Non si può più fingere di non sapere: le immagini sono ovunque. E l’opinione pubblica, dopo mesi di silenzio ipnotico, ha cominciato a indignarsi. Tardi, ma con uno sguardo diverso.
Nel frattempo i giornali non li legge più nessuno. I talk show crollano. Le prime serate si riducono a dibattiti grotteschi. La distanza tra verità e informazione è diventata un abisso.
Il mainstream rincorre la realtà, finge empatia, simula autocritica. Troppo tardi. Il pubblico ha riconosciuto la messinscena, ha smascherato la voce del copione, ha capito che l’informazione non ha informato: ha coperto.
In Italia, oggi, l’informazione è un’emergenza democratica.
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Alfredo Facchini