QUEGLI APPLAUSI SUL FILM DI SIANI LASCIANO IL TEMPO CHE TROVANO

DI ANNA CALI’

 

 

La Mehari verde, la macchina che cammina e un giovane giornalista-giornalista che fa ritorno a casa dopo una giornata di lavoro. I sicari che si avvicinano e lo freddano con dei colpi di pistola, interrompendo così la sua vita.

Questa è l’ultima scena del film dedicato a Giancarlo Siani, Fortapash. Una scena che spezza il cuore e soprattutto procura molta tristezza, eppure, i ragazzi di una scuola del Vomero, a Napoli, non la pensano così o meglio, non hanno saputo cogliere la vera essenza. Ed è così che mentre sullo schermo andava in onda l’ultimo istante di vita di Siani, si innalza un coro di applausi. E se dei ragazzi di una scuola media, applaudono durante un omicidio significa effettivamente che tutti abbiamo perso a prescindere ed è tutto inutile quello che stiamo facendo per cercare di portare avanti questo paese e di lasciarglielo nel miglior modo possibile.

Come si può applaudire dinanzi a certe scene? Cosa stiamo diventando? Una società in cui non c’è più empatia, comprensione e soprattutto dove agli uni non interessa più degli altri. E la cosa più grave è che il tutto sia accaduto all’interno di un plesso scolastico, sotto gli occhi dei professori, i quali hanno giustificato i ragazzi dicendo che: “Erano stati toccati da tanta profondità ed erano rimasti  sbalorditi”.

Qualcosa ci fa pensare però che non sia andata effettivamente così. Il Ministro ha dichiarato: “La scuola è e deve essere il primo presidio di legalità, è e deve essere una comunità, per definizione, antitetica a qualsiasi mentalità che rievochi quella mafiosa o addirittura plauda ad essa. Per questo la gravità del gesto di applaudire all’efferato assassinio camorristico del giornalista Giancarlo Siani, come è avvenuto a Napoli durante la proiezione del film Fortapasc da parte di alcuni studenti, mi sconcerta e mi preoccupa. Oggi stesso intendo quindi agire per fare piena luce sull’accaduto”.

Senza parole anche il fratello, Paolo Siani che dichiara:  “Alla morte non si applaude, mai, per nessuno. Questo non va spiegato, dovrebbe far parte dell’animo umano. Davanti alla morte si resta in silenzio, questo neppure va spiegato. Ma se invece accade, se alcuni ragazzi, pochi, molto giovani, di una scuola che si sta impegnando per far crescere in loro il senso della legalità e della giustizia, applaudono alla morte violenta e quindi scelgono di stare dalla parte di chi spara, c’è bisogno che noi tutti, ci si interroghi sul perché. Adesso, subito, prima che sia troppo tardi”.

Ed è proprio vero, non si dovrebbe mai applaudire su una morte, soprattutto se si parla di una morte avvenuta per ripicca o per “lezione”. E allora forse, più che partire dai ragazzi e dare il giusto insegnamento bisognerebbe fare un passo indietro e ripartire prima dai professori e poi dalla famiglia. Siamo quella società dove il dialogo si è ridotto allo zero termico, dove si pensa più a utilizzare gli smartphone anziché sedersi con i propri figli e discutere in positivo e in negativo su una certa tematica, ed è giusto che siano questi due elementi a collaborare tra di loro per impartire i pilastri di persone illustre come Giancarlo Siani. Caso non isolato, passando per Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Walter Tobagi, Carlo Casalegno, da Cosimo Cristina a Mauro Ristagno. Tutti si sono battuti per la verità, una lotta contro l’illegalità, le mafie, il terrorismo per arrivare a una verità, una verità da consegnare a noi in nome della loro missione professionale.

Come forse è fiato sprecato anche parlare di femminicidi, introdurre l’educazione civica e sessuale se dinanzi a un film del genere, questo è il risultato. Perché a quell’età e in questa società non sono più giustificati e giustificabili, troppo avanti con le tecnologie ma per quanto riguarda l’umanità ne devono fare ancora di strada. Non sarebbe il caso di introdurre all’interno dei libri scolastici anche i libri dedicati al giornalista Siani e fargli conoscere i suoi tagli giornalistici negli articoli e il perché si sia arrivata alla sua morte? Forse solo così tutti quanti inizierebbero a ragionare in maniera diversa e a sapersi distaccare da quello che vedono mediante film e serie tv e saprebbero riconoscere la vera realtà delle cose.

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Anna Calì