LA DOTTRINA DELLA MORTE

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Quanto sta avvenendo di tragicamente osceno a Gaza, l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele, è solo l’ultimo stadio di una dottrina militare consolidata da tempo, molto prima del 7 ottobre.
Si tratta della cosiddetta “dottrina Dahiya”, che ha preso forma sulla scia della violenta guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah in Libano. “Dahiya” si riferisce ai sobborghi meridionali di Beirut, dove Hezbollah manteneva le sue roccaforti e che furono rasi al suolo dai jet israeliani.
La “dottrina Dahiya” è stata coniata dall’attuale ministro, Gadi Eisenkot, quando era capo del Comando Nord dell’IDF: “Esercitare un potere sproporzionato contro ogni villaggio da cui vengono sparati colpi su Israele, e causare danni e distruzioni immensi. Dal nostro punto di vista, queste sono basi militari”.
Risultato: circa mille civili libanesi furono uccisi, un terzo dei quali erano bambini. Città e villaggi furono ridotti in macerie: ponti, strutture portuali e centrali elettriche furono paralizzati o distrutti.
“Ciò che è accaduto a Dahiya, e reso operativo come dottrina Dahiya, è un completo disprezzo del diritto internazionale, viola due disposizioni chiave, proporzionalità e distinzione”, sottolinea, Rashid Khalidi, professore di storia alla Columbia University .
Una strategia che va ben oltre la sconfitta di un avversario, che nega tutti i principi del diritto umanitario, quindi anche del diritto internazionale di guerra. Il fulcro è quello di considerare tutti “Non Innocenti”: nessuno è innocente solo perché sta dall’altra parte.
“Sono considerati non umani, pezzi di carne, con in mezzo due occhi”, dice sdegnato il generale, Mario Mini.
Per gli smemorati, Dahiya è stata utilizzata a Gaza durante le quattro guerre precedenti a partire dal 2008, in particolare durante la guerra del 2014. In quelle quattro guerre, l’IDF uccise circa 5.000 palestinesi, per lo più civili.
Questo è il motivo per cui Benny Gantz, che ora fa parte del nuovo governo di emergenza, si vantò di aver riportato Gaza alla “età della pietra” e di aver polverizzato interi quartieri durante l’assalto a Gaza del 2014, quando era capo di stato maggiore dell’esercito.
Ancor prima, dopo la guerra di Gaza del 2008-2009, l’ONU aveva pubblicato un rapporto in cui concludeva che la strategia israeliana era stata “progettata per punire, umiliare e terrorizzare una popolazione civile”.
Dopo l’assalto israeliano a Gaza del 2008-9, l’Operazione Piombo Fuso, l’allora ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, dichiarò che “le nostre truppe nella Striscia di Gaza si comportavano come teppisti, cosa che avevo chiesto loro”.
Tutto questo è avvenuto molto prima del 7 ottobre.
“Al centro della dottrina israeliana Dahiya c’è l’idea di causare danni piuttosto che colpire con precisione bersagli”, afferma Ahron Bregman, che ha prestato servizio nell’esercito israeliano per sei anni e ora è docente al King’s College.
“Ecco perché almeno la metà delle bombe sganciate dagli aerei israeliani su Gaza sono bombe stupide”, dice riferendosi a ordigni esplosivi a caduta libera che non hanno alcun sistema di guida e quindi sono altamente imprecisi.
Ciò spiega anche l’incredibile numero di civili morti a Gaza. Questa non è guerra: è un’eliminazione di massa. Un attacco deliberatamente sproporzionato progettato per polverizzare una terra, per punire, umiliare e terrorizzare una popolazione civile, per azzerarne la capacità di provvedere a se stessa, e imporre su di essa un senso sempre crescente di dipendenza e vulnerabilità.
In attesa della “soluzione finale”: cacciarli da Gaza.
Il professore di diritto internazionale, Richard Falk, ha descritto come meglio non poteva la dottrina israeliana Dahiya: “Non solo un’aperta violazione delle norme più elementari del diritto di guerra e della moralità universale, ma una confessione di una dottrina della violenza che necessita di essere chiamata con il suo nome proprio: terrorismo di stato.”
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Alfredo Facchini