I PROCLAMI NON SONO MAI BUONI

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Che Mara Venier abbia letto un comunicato imposto dall’alto, ossia da Roberto Sergio, amministratore delegato della Rai, non ci sono dubbi. Lei a Sanremo era stata mandata dalla Rai, con tanto di contratto. Ha dovuto obbedire a un ordine del grande capo. C’è poco da dibattere su questo. Più che serva del sistema, è serva della Rai.

Piuttosto, la cosa che deve lasciare perplessi è un’altra. Si sa che la Rai è lottizzata dai partiti. Ma in questo caso non hanno badato nemmeno a salvare la forma. Come si è potuti arrivare a vedere il capo di una struttura come la Rai, servizio pubblico che la legge vuole improntato ai principi di obiettività, imparzialità e pluralismo nell’informazione, imporre al Festival la lettura di un messaggio chiaramente di natura politica? E la forma è sempre importante.

C’era stata la vibrante protesta dell’ambasciatore israeliano, che per inciso rappresenta il governo di Tel Aviv in Italia, riferita alla esibizione di Ghali, dopo che al termine della sua performance aveva gridato «stop al genocidio». Ed ecco arrivare per direttissima il comunicato dell’ad della Rai, letto pubblicamente da Mara Venier, di sostanziale e totale adesione al governo Netanyahu.

Appare evidente che il capo della Rai abbia subìto pressioni politiche, oppure si è accodato alla visione del governo senza aspettare di riceverne le direttive. Ecco l’aspetto della questione che dovrebbe destare scalpore. Troppo netto e univoco come comunicato. La Rai, in queste dispute, non dovrebbe affatto entrarci.

D’altra parte, pur non avendo motivo di dubitare della genuinità dei sentimenti di Ghali, che comunque rimane un buon artista oltre che un bravo ragazzo, noto però che la ghiotta occasione per poter consolidare i propri fan e magari prendersene di nuovi non se l’è fatta scappare, ben sapendo di essere nel posto giusto per farlo, dato che all’Ariston si è soliti non alzare un dito su alcune tematiche.

Ora, riferimenti politici, anche attuali, certamente possono connotare un brano musicale. Se un cantante utilizza la propria creatività per sensibilizzare il pubblico su temi a lui cari, in primis la pace, non gli si può certo limitare la libertà artistica. Ma gridare, subito dopo l’esibizione, «stop al genocidio» è qualcosa di avulso dalla prestazione artistica, che è e deve essere l’unico motivo della presenza di Ghali a Sanremo.

Al limite, poteva starci uno «stop ai bombardamenti». Soprattutto perché la definizione di genocidio, che rimane una cosa seria e che è l’accusa più infamante che si possa rivolgere a uno Stato, non credo rientri nelle corde di Ghali.