L’INNESCO

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Il capitalismo senza lo sfruttamento è come il Cristianesimo senza l’inferno.

È la sua ragion d’essere. Ma il Capitalismo, procedendo di degenerazione in degenerazione, non si limita più solo a sfruttare. Non gli basta più neanche conseguire “il massimo profitto nel più breve tempo possibile”.
No. Latitando il conflitto sociale il dio Mercato ora ha messo in competizione tra loro gli sfruttati: “o tu o io”. Risultato: la creazione di individui perennemente in concorrenza gli uni con gli altri. Individui isolati, senza bussole, in balia del mercato e del loro angusto metro quadrato.
Ecco perché manifestazioni come quelle di sabato – da Roma a Milano, passando per Padova fino a Messina – sono un formidabile antidoto all’autoisolamento.
In Tempo di pace sociale, vedere assieme – anche solo per un pomeriggio – cinquecentomila persone è un fatto inaudito.
Vedere assieme donne e uomini di tutte le età strette gomito a gomito, riscalda il cuore, incoraggia chi non ha smarrito del tutto la coscienza. Come quando – negli Anni Settanta – “Noi” era il plurale di “Io”. Quando “Noi” era sempre davanti a tutto.
Oggi se stiamo come stiamo è perché l’individualismo è il generatore di tutte le cose. L’uomo, in senso lato, è sempre più solo: senza scopi e punti di riferimento. Senza qualcosa di nitido davanti a sé. Vive immerso in una condizione di assoluto spaseamento.
Dopo la sconfitta delle identità collettive si pensa di poter fare a meno degli “Altri”. Gli “Altri” sono folla indistinta. Nell’era della tecnica e degli individualismi, quello che scarseggia di più è proprio il senso di appartenenza.
Allora sarebbe bello se quello che è accaduto sabato tracciasse un confine fra prima e dopo.
Ancora una volta sono le donne il propellente di un cambiamento possibile. Se poi la disubbidienza alla prepotenza maschile si trasformasse in una Nuova Resistenza anche nei luoghi di lavoro dove si addensa la concentrazione più subdola del sistema di dominio patriarcale, la società intera compierebbe un salto evolutivo.
Quante donne sono state, almeno per una volta, svilite, scavalcate, parcheggiate, umiliate, espulse?
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Elena Cecchettin ci chiama a fare rumore. Facciamolo. Ma dappertutto.
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