FRA AMORE E VIOLENZA

DI MICHELE PIRAS

 

Non si capisce che problema abbiano alcuni ad ammettere che esiste un problema specifico di violenza sulle donne.
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Che problema abbiano ad accettare che la sorella di una ragazza barbaramente trucidata dal suo ex compagno urli la sua rabbia e il suo dolore, che ne faccia giustamente un problema politico.
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Quelli che avvertono l’assurdo bisogno di sottolineare che Filippo Turetta non rappresenta tutti i maschi e che la violenza è tutta uguale.
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Quelli che sbraitano scandalizzati se si propone di fare nelle scuole ciò che la maggior parte delle famiglie evita di fare: intervenire educativamente sui bambini, perché crescano rispettosi delle differenze, consapevoli della radicale differenza che esiste fra sentimento, pretesa di controllo, prevaricazione, senso del possesso.
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Fra amore e violenza.
E magari sono gli stessi che di fronte all’ennesimo femminicidio evocano, strillando, castrazioni chimiche, linciaggi, pene di morte, processi popolari.
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Perché in fondo è proprio così, una risposta violenta e solamente punitiva su un assassino asseconda certamente il desiderio individuale di vendetta, ma lascia del tutto in piedi il problema di fondo, quello culturale e sociale.
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Che è un problema politico, appunto.
In definitiva si lascia tutto com’è, assecondando coloro che non vogliono cambiare niente, la volontà della pletora dei conservatori e dei maschilisti, di coloro che agitano bambole gonfiabili nei comizi, che pretenderebbero di attribuire ai soli migranti la violenza di genere, che si scagliano sistematicamente contro ogni tentativo di progresso civile.
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Perché in fondo a loro le cose vanno bene come stanno.
Sostanzialmente indifferenti e reazionari.
I veri nemici da sconfiggere.
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Ciao Giulia, tua sorella Elena ha ragione da vendere: la migliore risposta possibile stavolta, l’unica, è fare rumore, tanto rumore.