LA DIALETTICA DEI SALTIMBANCHI

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Molte sono le cose che questa superdestra pimpante sta mandando in malora ma nessuno sembra preoccuparsi di quella che sta al vertice della catena culturale così come il leone o lo squalo stanno al vertice di quella alimentare: La Dialettica.
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Quella che nelle attività umane era lo strumento indispensabile per articolare il proprio pensiero e convincere chi ascolta della sua bontà e correttezza negli ultimi trent’anni si è trasformata in merce avariata, un quasi ininterrotto sproloquio dove nessuna menzogna è troppo grande per essere detta e nessun trucco troppo squallido per essere utilizzato.
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Non c’è dibattito a cui assisto durante il quale non vorrei essere tra i partecipanti per alzarmi in piedi e chiedere al ciarlatano di turno “Scusi, ma che cacchio sta dicendo?”. E’ frustrante e umiliante non poterlo fare, ed è deprimente vedere come chi certamente è consapevole della menzogna o del trucco che ci sono appena stati rifilati se ne stia buono e zitto osservando una specie di galateo televisivo che consente a chiunque di prenderci per il sedere.
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Sono davvero pochi a insorgere davanti a questi imbonitori da strapazzo, penso con riconoscenza a Lilli Gruber, al professor Montanari, a Cacciari e a pochissimi altri e penso alla maleodorante arroganza dei Bocchino e dei Sechi e dei La Russa ma anche a chi teoricamente dovrebbe stare dalla parte opposta come Travaglio e Sansonetti.
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Siamo nei guai, ragazzi. La sopravvivenza della Costituzione è nelle mani di una compagnia di saltimbanchi.