ISRAELE FRA DEMOCRAZIA E “TEOCRAZIA EBRAICA” PRIMA DI HAMAS E DI GAZA

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Una notizia apparsa ieri su Haaretz, il più importante giornale israeliano assieme al Jerusalem Post, fa riflettere: «Trenta organizzazioni umanitarie israeliane – recita un titolo – sollecitano la comunità internazionale affinché fermi l’ondata di violenza dei coloni sostenuta dallo Stato».
Si riferisce a tutto quello che sta succedendo in Cisgiordania, dove i coloni ebrei insediati abusivamente sulle terre spettanti invece ai palestinesi, secondo gli accordi sottoscritti, stanno spingendo la comunità araba a un trasferimento forzato.

Coloni ebrei in Cisgiordania

Quello che Netanyahu prima di Hamas

“Tredici comunità di pastori palestinesi costrette ad allontanarsi mentre anche gli agricoltori rischiano di perdere i loro raccolti. La denuncia che viene dagli stessi osservatori umanitari israeliani, sottolinea che il governo di Gerusalemme non solo è solidale, ma in molti casi partecipa attivamente alle violenze anti-palestinesi messe in atto dai coloni”.

Ogni tragedia ha un suo inizio

Abbiamo voluto far partire la nostra riflessione da questi eventi, che coinvolgono la Cisgiordania, perché essi sono in qualche modo strettamente collegati al veloce deterioramento dei fragili equilibri, su cui si reggeva lo ‘status quo’ della crisi palestinese. Gaza, insomma, gli eccidi di Hamas e il crollo della «linea di sicurezza ideale» costruita dallo Stato ebraico negli anni, hanno delle origini che vanno studiate. E sicuramente sono una sorpresa. Scoprire, assieme a molti analisti israeliani, che l’esistenza di Hamas, in fondo, a qualcuno a Gerusalemme forse faceva pure comodo.

Gli estremismi utili

Come ha sempre lasciato capire Netanyahu, rendeva impossibile di fatto la soluzione a due Stati. È ovvio, infatti, che non ti puoi mettere d’accordo con uno che ti vuole distruggere. Ma ci puoi scaltramente cercare di convivere, come hanno provato a fare i governi di Netanyahu (ma non solo quelli), negli ultimi anni, con i permessi di lavoro transfrontalieri a Gaza. Intanto, il suo Likud si alleava con la destra più dura e, soprattutto, con i partiti religiosi ‘ultra-ortodossi’. Quelli che la democrazia la sopportano, e amano invece essere governati dalle Sacre scritture. Stiamo dipingendo una sorta di «Teocrazia ebraica», che è esistita, esiste e continuerà a condizionare pesantemente la politica e la società di Israele.

Teocrazia ebraica e invincibilità militare

A leggere i giornali israeliani, non ora, ma da due anni a questa parte, era evidente che qualcosa non quadrava più negli equilibri di politica interna dello Stato ebraico. Troppe lacerazioni, troppe crisi di governo, elezioni sconclusionate a ripetizione segnavano il cammino di una democrazia tormentata. E poi, l’esistenza di partiti e blocchi caratterizzati da strategie radicalmente diverse, se non addirittura da visioni sociali e culturali alternative, quasi inconciliabili. Una debolezza intrinseca, mascherata dal mito della ‘invincibilità militare’, che però ha avuto ricadute devastanti in politica estera.

Lo “Shabbat nero” e il vaso di Pandora

I massacri di Hamas, l’uccisione insensata di civili inermi all’alba dello ‘Shabbat nero’, di fatto hanno scoperchiato il vaso di Pandora delle mille contraddizioni, sulle quali si reggeva il traballante equilibrio di pace israeliano. Era tutto un castello di carte, pronto a essere spazzato via da una crisi prevedibile. Anzi, costruita quasi inconsapevolmente a tavolino.

“Piano Decisivo per Israele”

Sarebbe bastato leggere, virgola dopo virgola, il ‘Piano Decisivo per Israele’, un documento redatto nel 2017 da Bezelel Smotrich, leader del Partito Sionista Religioso e attuale Ministro delle Finanze. Smotrich, un bacchettone ‘duro e puro’, che ha un corposo curriculum di posizioni smaccatamente anti-arabe, è in pratica il responsabile dell’amministrazione dei Territori occupati in Cisgiordania. Una scelta che ha gettato benzina sul fuoco, dato che spalleggia continuamente i coloni ebrei, ormai scatenati contro i palestinesi residenti. La situazione è diventata così inaccettabile, che c’è il rischio che anche l’intera Cisgiordania salti per aria, aprendo un secondo fronte per Israele.

L’America del giorno dopo

Se n’è accorto pure Biden, che ha incaricato il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, di far comprendere a Netanyahu che deve mettere uno stop alle agitazioni dei suoi coloni che, sfruttando l’onda emotiva dei fatti di Gaza, finora hanno ammazzato più di 100 palestinesi con l’aiuto dell’esercito, nella Cisgiordania occupata. «Netanyahu ha la responsabilità di tenere a freno i coloni – ha detto Sullivan – perché questa è una sfida continua. Ci aspettiamo che col tempo il governo di Gerusalemme faccia un passo avanti in questo senso. E ci aspettiamo anche che i coloni estremisti, che si impegnano in questo tipo di violenze, vengano responsabilizzati».

“Morbidezza ipocrita di fronte ad un modello democratico che hanno lasciato calpestare senza tentare di contrastarlo seriamente. Ma forse il ‘trumpismo’ trasversale in casa statunitense non è un caso”.

Costituzione o Torah

“In Israele, per ora, c’è solo un gruppo significativo di esponenti di partiti religiosi che, al rispetto della Costituzione, preferiscono invece il continuo richiamo ai precetti della Torah. Quando si scontrano due concezioni sanfediste dello Stato, però, il risultato è spesso il peggiore di tutti i conflitti: una Guerra santa”.

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AVEVAMO DETTO

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

30 Ottobre 2023