SANTO MANGANELLO

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Non sarà certo un vecchio sessantottino come me a inorridire per le manganellate con cui a Torino un plotoncino di poliziotti invasati ha aggredito qualche centinaio di studenti delle superiori, ragazzi e ragazze intorno ai diciotto anni.
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In quegli anni lontani lo scontro tra il potere e le nuove generazioni era infinitamente più duro e più vasto, ci furono tanti morti e feriti tra i manifestanti e persino qualche poliziotto ci rimise la pelle.
Ci pestavano senza pietà, ci arrestavano e ogni tanto ci sparavano ma lo scontro in atto nella società che avrebbe poi visto studenti e lavoratori fondersi nella protesta fino a generare forme di lotta armata riguardava i gangli vitali di quel sistema: una concezione ottocentesca del lavoro, una scuola autoritaria e classista, un sistema sociale rozzo fondato sul patriarcato e sulla negazione dei diritti fondamentali.
Tempi duri e cupi, ma neppure allora si era mai vista la polizia scatenarsi non per difendere l’ordine costituito ma per evitare che la passerella elettorale di un “pezzo grosso” venisse disturbata da una pacifica contestazione.
Tra i manifestanti non c’erano spranghe camuffate da bandiere, non c’erano caschi e non c’erano passamontagna. C’erano le facce sorridenti e pulite di chi credeva di poter esercitare un diritto acquisito.
Ieri a Torino si è aperta ufficialmente la stagione del manganello e non dovremo aspettare molto per quella dell’olio di ricino ma fate attenzione cari governanti nostalgici perché nel loro piccolo anche le formiche, quelle che ottusamente chiamate zecche rosse, a volte si incazzano e potrebbe andare a finire come l’altra volta.
O forse, un forse piccolo piccolo, è proprio lì che volete andare a parare.