CONTROFFENSIVA? UN INCUBO BEN OLTRE IL RACCONTO.

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

Mi astengo dal commentare le innumerevoli morti figlie della ributtante mistica bellicista che infiamma le pance di uomini e donne inconsapevoli e, per quanto ci riguarda, comodamente divanati e riscoperti camerati che fronteggiano a chiacchiere Mosca.

Fa orrore tanto sangue intriso nelle trame tessute ai danni di un popolo sfiancato da ambizioni di superpotenze militari.
Ad alcune a ci mostriamo amici alla bisogna, ad altre proni e innaturali, dimentichi della libertà e autonomia decisionale. Poveri italiani, storicamente artificiali balocchi di Washington, non possono nemmeno ambire al rispetto della Costituzione su cui deliberatamente “spergiurano”.
In questi giorni di controffensiva quasi fallita per ovvie questioni e prima fra tutte aver pensato che la Russia fosse troppo debole per resistere all’arrembaggio occidentale, ho perso tempo nel rileggere la storia del conflitto nel Vietnam, conclusasi con una terrificante debacle statunitense, un colpo mortale alla reputazione della superpotenza che non troppo tempo prima sganciò due atomiche su civili giapponesi che mai hanno ricevuto alcuna scusa per l’essere stati oggetto dell’ esperimento geopolitco militare su cui si è costruito l’equilibrio del pianeta. Ogni equilibrio non può definirsi infinito e la fine degli imperi più potenti non è servita a non ripetere errori.
L’occidente rappresentato primariamente dagli Usa, i “finti buoni”, ha sempre guardato con superiorità arrogante gli avversari e tronfio della sbandierata superiorità democratica ha subissato i propri cittadini con ondate di frizzanti inutilità e propaganda mistificante tesa a creare un incubo perenne, ovvero l’avvento del comunismo da odiare con tutte le forze, idea assimilata nei decenni oggi esplosa con letterale razzismo nei confronti di tutti i russi, colpevoli di comunismo trapassato e oggi incarnato dalla Cina, paradossalmente il capitalista più forte di tutti. Ciò per mostrare beffardamente agli esperti filodraghiani i risultati ottenuti da una potenza comunista lungimirante che trae enormi vantaggi da ogni singolo difetto del capitalismo.
I politici al servizio della finanza difendono il disfatto metodo economico imputando ai Cinesi le prevaricazioni del regime sui propri cittadini ma questo è un trucco retorico peraltro debolissimo davanti alla crisi delle democrazie funestate da disuguaglianze prodotte da condotte economiche paradossali come l’aumento dei tassi che vediamo oggi. Combattere l’inflazione creando recessione ai danni di cittadini e imprese è una forma di regime finanziario a cui sottostiamo muti con la grama soddisfazione della critica pelosa ad avversari ormai soverchianti.
Se non fosse per l’evidente crisi democratica prodotta dalla supremazia delle banche centrali, ci sarebbe quasi da convincersi di stare in buone mani.
Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti eccetto i propagandisti sciatti alla Beppe Severgnini o altri addirittura peggiori di lui. Senza entrare nel dettaglio di quanto il mercato umili gli esseri umani a cominciare da innocenti bambini e provochi aberrazioni sociali degne delle peggiori tirannie, è sorprendente non intravvedere nella guerra in Ucraina l’esito infausto del tentativo di estendere oltre un ragionevole limite la supremazia militare occidentale e più nel dettaglio americana, nel mondo che vede alle porte la crisi dei mezzi di produzione e risorse più importante della storia.
L’approccio alla guerra è impregnato della stessa filosofia maniacale vista nel 1915 e nel 2023 sarebbe necessaria una svolta comunitaria mondiale non l’ottusa reprimenda elitaria conservatrice pagata col sangue del popolo ucraino, la recessione economica e l’inflazione provocata da politiche monetarie obsolete quanto l’idea che la guerra ci porterà vantaggi.
L’occidente è alla fine di un ciclo, prima lo capiremo, meglio il mondo si evolverà.