LE DONNE VANNO ARMATE

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

La morte di Marisa Leo, ammazzata a Marsala dal suo ex a fucilate, è la chiara, ennesima dimostrazione che quanto fatto finora non ha prodotto il benché minimo risultato.

La media di 120 femminicidi l’anno continua a mantenersi con inquietante costanza, né sembra volere in qualche modo scendere. Una parte seppur minoritaria di donne vive in trincea con la consapevolezza che nessuno può coprirle le spalle. E per le statistiche, tra non più di tre giorni toccherà alla prossima.

Si invocano pene esemplari, nella illusione che la minaccia di un ergastolo assicurato possa far desistere qualcuno che gira a piede libero dallo scaricare quel viscerale e patologico odio verso chi considera il suo peggior nemico.

Baggianate. Niente può fermare il femminicida, che alla futura galera non ci pensa nemmeno a mente fredda, figuriamoci in quei momenti. E poi, il «fine pena mai» non esiste. Qui non si butta via la chiave. Non siamo negli USA.

L’unica arma efficace a disposizione è la prevenzione. Chissà, forse istituendo in ogni provincia un nutrito gruppo di agenti, addetti a convincere quegli scocomerati di turno che hanno fatto scattare l’allarme rosso, ad occuparsi esclusivamente della propria salute mentale, potrebbe portare a qualche risultato. Ma costerebbe, tra personale e mezzi adeguati, forse un miliardo di Euro l’anno. E con tutte le garanzie costituzionali che assistono chi gira a piede libero, le azioni consentite si rivelerebbero, alla fine, poco incisive.

L’unica soluzione è armare quelle donne che, per comportamenti pregressi, versano in una obiettiva situazione di pericolo. La Costituzione non pone ostacoli, se non quando garantisce all’art. 17 «il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi». Quindi, nulla potrebbe impedire a una legge ordinaria di consentire a una donna, beninteso che versi in una comprovata situazione di pericolo, di portare un’arma.

Non sarebbe comunque molto diverso da oggi. Il porto d’armi per difesa personale, che è cosa ben diversa dal nulla osta per la mera detenzione (concesso su richiesta di chiunque non abbia tare mentali o precedenti penali), è una licenza molto difficile da ottenere. Bisogna innanzitutto dimostrare di saper sparare. Poi, la necessità di difendersi, che può riguardare sia l’addetto al trasporto di preziosi, sia il gioielliere, o il classico riccone che rischia di essere rapito.

Se dunque il porto d’armi può essere concesso a chi rischia di essere colpito nel proprio patrimonio, a maggior ragione deve poter essere concesso per garantire l’incolumità fisica della donna già sottoposta a minacce da parte dell’ex.

In più, lo Stato dovrebbe garantire, a proprie spese, un addestramento periodico all’uso delle armi da parte delle donne attenzionate, oltre a fornire l’arma di difesa, gratuitamente per le donne a basso ISEE.

Ciò che spinge l’uomo ad uccidere è la consapevolezza della donna come creatura del tutto indifesa. Quale uomo si avvicinerebbe alla propria ex sapendo che nella borsa tiene qualcosa come una 357 Magnum, che per giunta sa usare meglio di lui?

Per il femminicida l’alternativa sarebbe assoldare un cecchino che le spari dai tetti. Ma dove lo trova un cecchino del genere? E se lo trova, quanto gli costerebbe?

E poi, non sottovalutiamo il sex appeal di una donna armata.