SANTADECHE’?

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Non so se sia stata colpa di Clark Kent o di Robert Redford e Dustin Hoffman ma tra le velleità che hanno costellato la mia vita quella di fare il giornalista è rimasta nei decenni una costante, e a piccoli sprazzi ci sono anche riuscito.
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In contrasto però con il mio estremismo politico non amo il giornalismo d’assalto. Quando seguo trasmissioni come furono quelle di Santoro e oggi di Ranucci e Formigli o peggio delle Iene e di un pagliaccio in bicicletta di cui non ricordo il nome mi si solleva subito il sopracciglio destro, quello che al pari di una spia del cruscotto mi indica un tasso di faziosità pericoloso.
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Nel caso di Daniela Santanchè, sviscerato dall’ultima puntata di Report, il sopracciglio è rimasto al suo posto, non perché la madama in questione mi risulti più ripugnante di un gatto spiaccicato in autostrada ma perché seguo le sue disinvolte malefatte da parecchio tempo e la sorpresa casomai deriva dal fatto che nessuno (tranne il Fatto Quotidiano) abbia mai provveduto a svergognarla prima.
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Se pensavate che l’assalto ai mezzi di informazione avesse come fine la propaganda di regime e il racconto edulcorato delle prodezze governative avevate soltanto una visione parziale della questione. Come durante il ventennio fascista lo scopo è anche o forse soprattutto quello di tenere ben nascoste le porcherie passate presenti e future di chi comanda e temo che il povero Sigfrido Ranucci abbia fatto appena in tempo ad offrirci quest’ultimo boccone di democrazia.
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