L’AMERICA NON FARA’ MAI UNA GUERRA PER L’UCRAINA

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Il Segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, a proposito dell’atteggiamento Nato in Ucraina chiarisce il Biden-pensiero. «La Nato non sarà coinvolta nella guerra scelta da Putin. Ma rafforzeremo la deterrenza e difenderemo ogni centimetro di territorio. Della Nato».
Putin a San Pietroburgo illustra e rilancia la strategia geopolitica del Cremlino verso il vasto a trascurato mondo ‘non allineato’ e non occidentale americano.
L’Africa che vuole contare a Kiev e a Mosca. Con inciampo polacco del solito Morawiecki

Il Capo del Pentagono a Bruxelles

Dopo una serie di patriottici richiami all’unità dell’Occidente, il capo del Pentagono alla fine chiarisce le intenzioni statunitensi e quindi i comandi militari Nato. «Nonostante come alleanza stiamo affrontando sfide storiche – ha detto – non commetteremo errori. La Nato non sarà coinvolta nella guerra scelta da Putin. Ma rafforzeremo la deterrenza e difenderemo ogni centimetro di territorio. Della Nato». Da rileggere, parola per parola. ‘Sfide storiche ma senza errori’: nessuna guerra totale che vorrebbe Putin, l’accusa politica americana. Ma ‘difesa totale, ogni centimetro di territorio’, punto. ‘Della Nato’.

Tutto per la NATO, ma solo per la NATO

Tutto per i Paesi Nato (quindi basta fobie anti russe sul fronte nord), ma solo Nato. Conclusione non detta ma consequenziale: a chiacchiere tutti vogliono Kiev nella Nato, ma nei fatti, a parte la Polonia e i baltici (e, forse, un po’ gli inglesi) nessuno si sognerebbe mai di mettere una firma sotto il trattato di adesione. Manco Biden. Il motivo è il famoso articolo 5, che impegna tutti a entrare in guerra per soccorrere un socio attaccato. Questa situazione sta creando dei dissapori diffusi, dentro l’alleanza, anche perché pare di capire che l’unica strategia abbozzata dagli Stati Uniti sia quella di puntare su una lunghissima guerra di logoramento. Che nessuno si può permettere, a cominciare dall’Ucraina.

Sbilanciamento geopolitico planetario

Fra l’altro, lo sbilanciamento geopolitico planetario, scatenato dall’invasione russa, comincia ad avere le sue ripercussioni anche a livello europeo. Con la Francia e la Germania che cercano, costantemente, di ‘smarcarsi’ dalle linee strategiche indicate dalla Casa Bianca. Il coinvolgimento sempre più evidente di alleati asiatici, come Giappone e Corea del Sud, nelle attività operative della Nato, per esempio, che non viene condiviso da Parigi. Macron sta cercando, in tutti i modi, di tenere aperto un dialogo indispensabile con Pechino, per alimentare lo sviluppo di un dialogo che guardi a un mondo multipolare. Alle diversità di vedute esistenti tra i soci dell’Alleanza, fa da contraltare la pervicace ostinazione di Putin, nel perseguire gli obiettivi ‘tardoimperialistici’ che si è proposto di raggiungere. Costi quel che costi. E il prezzo che la Russia ha dovuto pagare finora a questo disegno è stato pesantissimo.

Il “tardo impero russo” di Putin

Anche se ieri, parlando al Forum economico di San Pietroburgo, il leader del Cremlino si è detto ottimista sulle possibilità di crescita della sua economia, indicando un Pil che dovrebbe aumentare, quest’anno, del 2%. Putin non ha nascosto le gravi ferite inferte dalle sanzioni, ma ha rigirato la frittata, dicendo che sotto la loro spinta la Russia è stata obbligata a rivoluzionare la sua rete import-export. Proprio l’ostilità mostrata dall’Occidente, secondo lui, ha fatto in modo che Mosca valorizzasse contatti e relazioni commerciali con aree del pianeta finora trascurate. Si spiega così, la spinta verso l’area BRICS e la volontà di alimentare un dialogo sempre più stretto con il ‘superblocco dei non allineati’.

La strategia geopolitica del Cremlino

Il tentativo degli ‘strategist’ geopolitici del Cremlino è molto chiaro: sfruttare il trauma dell’eredità coloniale e quello di una raffazzonata decolonizzazione, per chiarire al Terzo mondo che l’Occidente non ha l’autorità morale per impartire lezioni o per ‘esportare’ miracolosi modelli di sviluppo. È proprio questa la sfida che Russia e Cina lanciano all’Occidente, cercando di convincere il pianeta che quella attuale non è, come la presentano gli Stati Uniti, solo una lotta tra democrazia e autocrazia, ma coinvolge molti altri aspetti fondamentali dello sviluppo sociale ed economico. In questo senso, assume sempre più importanza il ruolo che l’Asia e l’Africa possono giocare, sul terreno delle relazioni internazionali.

L’Africa che vuole contare a Kiev e a Mosca

Proprio ieri una delegazione di Paesi del Continente nero, guidata dal Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, si è recata Kiev per proporre un’iniziativa di pace al leader ucraino Zelensky. Oggi la delegazione africana sarà in Russia, per incontrare Putin. Al di là dei risultati concreti che saranno ottenuti, la proposta ha un significato diplomatico profondo, perché testimonia la capacità e la volontà di Paesi appartenenti a un continente in via di sviluppo, di assumere responsabilità geopolitiche in prima persona. Magari fungendo da esempio per Stati più ricchi o storicamente fin troppo pregni di autostima. Anche in questo caso, però, non sono mancate le ‘miscalculations’.

“La delegazione sudafricana ha accusato i polacchi di ‘razzismo, per avere trattenuto, senza farli scendere dall’aereo, gli accompagnatori del Presidente Ramaphosa. Mancavano documenti e timbri e agli uomini del ‘duro e puro’ Morawiecki non è parso vero di poter esibire muscoli e poco cervello”.

 

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

17 Giugno 2023