MURATO VIVO

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Sono passati 4 anni esatti da quando Julian Assange è stato incarcerato nel Regno Unito.

L’11 aprile 2019, Julian, fu prelevato dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra e murato vivo nella prigione di Belmarsh.
Per infangare Assange venne addirittura montata un’accusa di stupro, accusa poi decaduta.
Quattro lunghissimi anni trascorsi senza un processo per aver detto la verità sui crimini di guerra di Usa e Nato commessi in Iraq e Afghanistan.
Rinchiuso per aver difeso il diritto del pubblico di sapere.
Ora rischia una condanna a 175 anni se estradato negli Usa.
Il suo stato di salute è a dir poco precario. Completamente isolato in quella che è la Guantanamo di Londra. La scorsa settimana l’istituto penitenziario ha impedito a Reporters Sans Frontières di incontrarlo, dopo che la visita era stata regolarmente autorizzata.
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Nel quarto anniversario della detenzione di Assange attivisti da ogni parte degli USA convergeranno a Washington DC per sottoporre ad un drappello di membri del Congresso una lettera redatta dalla deputata, Rashida Tlaib, che chiede al Procuratore Generale, Merrick Garland di far cadere le accuse penali contro l’editore australiano e di ritirare la richiesta di estradizione emessa dal suo Dipartimento sotto l’amministrazione Trump e attualmente pendente con il governo britannico.
Un pezzo di mondo intanto non sta a guardare.
I leader di quasi tutte le principali nazioni latinoamericane, tra cui il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e il presidente argentino Alberto Fernández, hanno chiesto che le accuse vengano ritirate.
Mentre, New York Times, il Guardian, El Pais, Le Monde e Der Spiegel hanno pubblicato una dichiarazione congiunta per opporsi all’incriminazione, avvertendo che essa <<costituisce un pericoloso precedente e minaccia di minare il Primo Emendamento americano e la libertà di stampa>>.
Naturalmente, chi brilla invece per indifferenza, se non per ostilità sono i media italiani.
La libertà di stampa è sotto processo? Non è un affare loro.