L’ATTENTATO PARTIGIANO DI VIA RASELLA

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

La storia del mondo trabocca di fatti controversi che vengono di continuo riscritti da qualcuno in seguito ad approfondimenti e studi particolareggiati o all’emersione di nuove prove e testimonianze.
Si può fare ed è giusto farlo, che si tratti dell’assassinio di Giulio Cesare o di John Kennedy, della battaglia di Salamina o di quella di Nassirya.
E’ invece sbagliato, ma più che sbagliato disgustoso, raccontare consapevolmente menzogne a tutto tondo con l’unico scopo di “masturbare” la propria fede politica su fatti acclarati fin nei minimi particolari come l’attentato partigiano di via Rasella.
Di quel 23 marzo del 1944 sappiamo tutto, nomi e biografie dei partigiani, dei morti e dei feriti, dei movimenti di ognuno di loro e della reazione nazista che ne seguì.
Non c’è nulla da scoprire o da riscrivere e sparare minchiate su quei fatti tragici è disgustoso se viene fatto da chicchessia in un salotto, in un convegno o chiacchierando al bar come se si trattasse di una partita di calcio.
Se però a farlo non è “chicchessia” ma la seconda carica dello Stato e ad ascoltarlo non ci sono quattro coglioni ma il giornalismo nazionale ed estero l’aggettivo disgustoso non basta, stiamo parlando di qualcosa molto simile al reato di alto tradimento della Costituzione antifascista e della Personalità dello Stato repubblicano nato dalla Resistenza.
Non ci sono gli estremi per invocare la pena prevista “non inferiore ad anni 12”, ma destituire immediatamente chi indegnamente ricopre quella carica è il minimo che si possa pretendere.