L’ODIO PER I RUSSI NEL TWEET DI CHRISTIAN ROCCA

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Se il giornalista Christian Rocca può twittare che i Russi sono un popolo terrorista, allora noi possiamo scrivere che lui è un repellente razzista.

Anzi, non è proprio così. È peggio. Per lui, intendo. Noi possiamo scrivere che Christian Rocca è un repellente razzista commentando il suo tweet, ma lui non avrebbe mai potuto scrivere che i Russi sono un popolo terrorista. Noi e Rocca ci troviamo su piani diametralmente opposti, perché mentre noi esercitiamo il diritto di critica, lui ha commesso un reato.

Quello che con rara, anzi rarissima sagacia Rocca ha twittato, viene scrutato con faccia molto seria dall’art. 1 del D.L. 26 aprile 1993 n. 122, poi convertito in quella che tutti noi chiamiamo «Legge Mancino», che punisce con la reclusione fino a tre anni «chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico».

Si tratta di una norma conosciutissima dal genere umano, perché diffusa in ogni angolo del mondo. È figlia della Convenzione Internazionale di New York sulla Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione del 1966, ratificata nel tempo da 187 Stati. E se si considera che ad averla ratificata, quindi immessa nei rispettivi ordinamenti, ci sono Stati come Afghanistan, Gabon, Macao, Ruanda e l’Isola di Tonga, riesce difficile immaginare con quale faccia Christian Rocca potrebbe dire di non conoscerla. E se la conosce, allora è grave.

Un conto è scrivere che la Russia è uno Stato terrorista. In effetti, si tratta di una definizione che comunque ha precedenti storici, anche se ontologicamente inapplicabile ad un contesto di guerra, specie quella combattuta in una limitata porzione di territorio. Il terrorismo internazionale, il cui utilizzo contraddistingue lo Stato terrorista, non si esprime entro confini prestabiliti.

Invece, la definizione di «popolo terrorista» non trova né precedente, né ragione di esistere. Se è agevole identificare un «gruppo terrorista» per l’apporto psichico o materiale che ciascuno dei componenti fornisce a determinate azioni, non è logicamente concepibile quell’apporto in ciascuna delle milioni di persone che formano un popolo. Ecco come una moltitudine che non ha nulla a che vedere con l’esecuzione di atti cruenti, viene accomunata al terrorista per il solo fatto di essere russo.

E vista l’accezione fortemente negativa che da sempre connota il termine terrorista, quella veicolata dal tweet di Rocca è un’idea fondata sull’odio etnico, parafrasando l’art. 1 della Legge Mancino. È come se all’indomani dell’invasione dell’Iraq, qualcuno avesse diffuso uno scritto in cui diceva che gli americani sono un popolo terrorista. Si badi bene, gli americani, non gli Stati Uniti.

Ambasciatore Razov, io una passeggiatina fino in Procura me la farei, se fossi in Lei.

 

Ma a scattare dovrebbe essere l’Ordine dei Giornalisti, se ha un senso quanto si legge nell’art. 9 del Codice di Deontologia: «Il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali». A meno che l’Ordine non ritenga che intervenendo, discriminerebbe invece Rocca sulla base della seconda delle condizioni personali indicate dalla norma.

E pensare che Christian Rocca non è soltanto editorialista del quotidiano «La Stampa», ma anche direttore del magazine online «Linkiesta». Immagino la professionalità e l’obiettività con cui porta avanti le sue belle «inkieste», soprattutto quelle che riguardano la Russia.