PD, IL PARTITO CHE NON C’È

DI GIANCARLO SELMI

Il dibattito che si sta sviluppando all’interno del PD, in seguito al tracollo elettorale del 25 settembre, assume sempre più le caratteristiche del surreale. Per capire la gravità del fenomeno, basta riportare il ritornello che ripete da giorni, dappertutto, compresa ovviamente la Direzione del suo partito, la Serracchiani: “bisogna ritornare fra la gente”.

Detto così, se l’intento fosse quello di rinunciare ad ogni incarico, compreso quello parlamentare e di ritornare ad essere una qualunque, fra la gente, potrebbe veramente costituire una svolta. E mi indurrebbe a più miti giudizi. Purtroppo così non è. E non si capisce neppure cosa voglia dire. Lei in mezzo alla gente non si sogna di tornare, neppure sotto minaccia.

E non vuole farlo nessuno dei suoi compari della Direzione del suo partito. A dirla con Crozza-De Luca, il PD parla ormai una lingua morta. Ed è un partito morto. È morta qualunque istanza di sinistra, mentre è vivissima la voglia di occupazione di qualunque posto garantisca potere, qualunque potere. Non ha una linea politica, ha solo una linea d’azione: quella di garantire vantaggi alle lobbies finanziario-industriali che rappresenta. Armi, sanità privata, finanza, banche, Confindustria di quella azione sono i motori.

Tutto, quindi, meno che la gente in mezzo alla quale la Serracchiani vorrebbe (ipoteticamente) tornare. Il dibattito nel PD s’incentra tutto su chi dovrebbe essere il prossimo segretario. Una pitturazione con l’intento di nascondere buchi non riparabili, se non con una dimissione in massa di tutti i dirigenti. A cominciare dalla stessa Serracchiani, dall’armaiolo Guerini, da Letta e compagnia cantante. Se pensassero di poter continuare a prendere per i fondelli l’elettorato, eleggendo il renziano Bonaccini, per incaricarlo di chiedere i voti a sinistra per poi attuare politiche di destra, non hanno veramente capito nulla. Faranno la fine dei socialisti francesi. E nessuno ne sentirà la mancanza.